venerdì 31 luglio 2015

Borse di studio Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Riceviamo dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone e volentieri pubblichiamo.

La Fondazione Giovanni e Francesca Falcone ha indetto un concorso per l’assegnazione di 10 borse di studio dell’importo di € 7.000,00 ciascuna, intitolate a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Le borse sono finalizzate alla ricerca, documentazione e formazione nel campo della criminalità organizzata di stampo mafioso.
Le Borse di Studio sono state realizzate grazie al contributo dell’Assemblea Regionale Siciliana.
Al concorso possono partecipare i cittadini italiani nati in Sicilia, che abbiano conseguito una laurea in giurisprudenza con il massimo dei voti (110/110) presso un Ateneo siciliano e che non abbiano superato il trentesimo anno di età al momento della scadenza dei termini di presentazione delle domande, che possono essere presentate entro e non oltre il 31 agosto 2015, corredate da un progetto di ricerca.
I progetti verranno selezionati dalla Fondazione e i dieci candidati prescelti avranno un anno di tempo per la loro realizzazione.
Il testo integrale del bando sarà reperibile, a partire da domani, sul sito della Fondazione Giovanni e Francesca Falcone www.fondazionefalcone.it o presso la sede in Via Serradifalco 250, Palermo tel. 091/6812993.
L’avviso del bando sarà pubblicato, inoltre, nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana a far data dal 31 luglio 2015.
Palermo, 30 luglio 2015

Anna Bizzarri
Responsabile Ufficio Stampa e Comunicazione
 Fondazione Giovanni e Francesca Falcone
Via Serradifalco, 250 - 90145 Palermo
 tel. +39 091 6812993 fax +39 091 6810794

giovedì 30 luglio 2015

Presentate le anticipazioni del rapporto SVIMEZ 2015 sullo stato del Sud del Paese

Un Paese diviso e diseguale, dove il Sud scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è ancora negativo (-1,3%); il divario di Pil pro capite è tornato ai livelli di 15 anni fa; negli anni di crisi 2008-2014 i consumi delle famiglie meridionali sono crollati quasi del 13% e gli investimenti nell’industria in senso stretto addirittura del 59%; nel 2014 quasi il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui, contro il 28,5% del Centro-Nord. Questa la fotografia che emerge dalle anticipazioni del Rapporto SVIMEZ sull’economia del Mezzogiorno 2015 presentate il 30 luglio 2015 a Roma.
CLICCA QUI PER LEGGERE IL COMUNICATO STAMPA DELLA SVIMEZ

Il Festival della Città Educativa continua a dare i suoi frutti

Palermo è Città Educativa. Lo ha stabilito la Giunta Comunale (seduta del 28 luglio 2015) che, dopo aver preso atto dei risultati del progetto educativo integrato "Palermo città educativa. Tutta la città educa”, frutto dello studio, degli incontri, del lavoro di più di 100 istituzioni nel corso del Festival della Città Educativa che si è svolto tra il mese di aprile 2014 ed il mese di marzo 2015, ha approvato l’atto di indirizzo che traccia le linee guida per elaborare un progetto esecutivo che coinvolga l'intera Amministrazione comunale con le sue aree, i servizi e gli uffici ad esse collegati. Lo scopo è quello di operare un’efficace ridefinizione dell'identità della città, funzionale a promuovere l’empowerment dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze e a riconquistare la fiducia degli adulti nei confronti delle istituzioni.
“Il progetto – ha spiegato l’assessore alla Scuola, Barbara Evola – assume uno specifico modello di lettura della funzione educativa della città fondato sulla prevenzione, sulla partecipazione e sulla protezione individuale e sociale all’interno di una comunità intesa come sistema complesso di relazioni tra cittadini, cittadine, istituzioni, enti che sappiano riconoscersi reciprocamente, ascoltarsi e costruire la capacità di lavorare insieme. Di questa “città educativa” tutti siamo beneficiari: i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze di età compresa fra 0 e 18 anni sono i beneficiari diretti mentre, tutti e tutte coloro che viviamo la città - genitori, educatori, psicologi e assistenti sociali delle comunità per minori e dei servizi sociosanitari del territorio, docenti, operatori di servizi pubblici, amministratori, operatori della formazione, della giustizia minorile, della cultura, economici, religiosi, architetti, commercianti – ne siamo i beneficiari indiretti”.
Secondo quanto previsto dal provvedimento, saranno l'Assessorato e l'Area della Scuola e Realtà dell'Infanzia a curare il progetto della "Città Educativa" costituendo, al proprio interno, una struttura operativa con funzioni di segreteria.
Si darà il via, altresì, a un "Laboratorio Cittadino" per promuovere una progettazione comune basata sulla "Visione futura" della città, elaborare un "Piano per l'Infanzia della Città di Palermo", raccogliere dati ed effettuare il monitoraggio del progetto esecutivo per la costruzione di un'apposita "Banca Dati" che consenta la mappatura dell'esistente nel territorio della città, con particolare attenzione alla fattibilità dei progetti e delle iniziative attuate.
Il Laboratorio avrà un regolamento interno e si articolerà in tavoli tematici. Del "Laboratorio" faranno parte i Referenti di: ciascun Area dell'Amministrazione Comunale, Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza di Palermo, Ordini Professionali, Università degli Studi, ASP, Aziende Sanitarie, Centro Giustizia Minorile, Tribunale e Procura Minorile, Giudice Tutelare, Prefettura, Questura, Forze dell'Ordine, Associazione dei Pediatri, Terzo Settore (Promozione Sociale, Volontariato, Cooperazione) da scegliere attraverso assemblea del settore, Ufficio Scolastico Provinciale, Istituzioni Scolastiche in ragione di 2 unità per ogni ordine di scuola, ed 1 per le scuole paritarie designate dall'Ufficio Scolastico Regionale.
Tutte le realtà che hanno già aderito al progetto o quelle che vi aderiranno saranno invitate dall'Amministrazione Comunale a stipulare un Protocollo d'Intesa per la condivisione delle finalità, degli obiettivi e dei contenuti del progetto.
Clicca qui per leggere la delibera

Qui sotto l'articolo che il Giornale di Sicilia del 30 luglio 2015 dedica alla notizia (clicca sull'immagine per ingrandirla).

 

mercoledì 29 luglio 2015

Lascia il segno. Campi estivi del volontariato giovanile con il supporto del CeSVoP


Prende il via anche per il 2015 la stagione dei campi estivi interprovinciali del volontariato giovanile promossi dalle Organizzazioni di Volontariato (OdV) delle quattro province di Agrigento, Caltanissetta, Palermo e Trapani in collaborazione con il CeSVoP. I campi sono frutto della programmazione delle OdV della Sicilia occidentale rappresentate dalle diverse cabine di regia formatesi nei vari territori.
"Il volontariato lascia il segno" è lo slogan di quest'anno. Si tratta di una proposta molto interessante che punta a far fare ai ragazzi un'esperienza concreta di volontariato nella riscoperta, nella tutela e nella valorizzazione di un bene comune. In pratica, si svolgeranno due campi estivi.
Per volontari o aspiranti tali le cui OdV di riferimento risiedono nelle province di Agrigento o Caltanissetta, il campo estivo si svolgerà presso la struttura Sole Mediterraneo Resort di Siculiana Marina (AG) dall’11 al 13 settembre 2105.
L’arrivo alle sede di questo campo è previsto per il venerdì pomeriggio e la partenza per il ritorno a casa la domenica dopo pranzo.
Per volontari o aspiranti tali le cui OdV di riferimento risiedono nelle province di Palermo o Trapani, il campo estivo si svolgerà presso la struttura Hotel Saracen di Capaci (PA) nel weekend dal 12 al 13 settembre 2105.
L’arrivo alle sede di questo campo è previsto per il sabato mattina e la partenza per il ritorno a casa la domenica dopo cena.
Un’importante novità, per quest’anno, è la proporzione richiesta per i partecipanti di 1 volontario adulto per 2 volontari giovani (con età dai 16 ai 35 anni).
Sulla scorta dell’esperienza degli anni precedenti, sono state introdotte altre novità di cui va presa attenta visione prima di procedere con l’iscrizione che avviene unicamente on-line. L'iscrizione dei minorenni va fatta on-line e accompagnata da una validazione cartacea firmata dai genitori.
ISCRIZIONI ENTRO E NON OLTRE IL 26 AGOSTO 2015.

LEGGI IL REGOLAMENTO

PER LE ISCRIZIONI (dopo aver letto il regolamento)

PER SCARICARE LA SCHEDA DI AUTORIZZAZIONE per i minori di anni 18

LEGGI L'INFORMATIVA PER IL TRATTAMENTO DEI DATI SENSIBILI

SCARICA IL LOGO DEI CAMPI

TABELLA DI RIPARTIZIONE DEL NUMERO DI PARTECIPANTI PER DISTRETTO SOCIO-SANITARIO

giovedì 23 luglio 2015

Sapori di solidarietà, a Palazzo Adriano il volontariato alla riscoperta di territorio e prodotti tipici

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A Palazzo Adriano, dal 31 luglio e all'1 agosto 2015 il volontariato valorizza i prodotti e i beni comuni del territorio. Una due giorni che si terrà in alcuni luoghi simbolo della comunità locale, quali la Valle del Sosio, il Monte delle Rose, il Castello Federiciano e la famosissima Piazza Umberto I, teatro della celebre pellicola di Giuseppe Tornatore Nuovo Cinema Paradiso.
Un'opportunità, per le organizzazioni di volontariato, di essere protagoniste nella creazione di nuovi percorsi di comunità e cittadinanza attiva, basati sui principi della gratuità e del benessere comune, in un periodo storico in cui la logica del consumo praticata dal capitalismo fino ad oggi si trova in profonda crisi.
Durante la due giorni ci sarà spazio per visite guidate alla Valle del Sosio, al Museo del Permiano e alle chiese "Maria Santissima Assunta" e "Santa Maria del Lume".
La notte fra il 31 luglio e il 1 agosto si passerà al Monte delle Rose, dove, all'alba verrà fatta la tradizionale commemorazione in ricordo dell’Antica Patria Albania con il canto “O e bukura more”.
La manifestazione si concluderà al Castello Federiciano, all'interno della "Sagra della Cuccìa", con un'esposizione dei prodotti tipici provenienti dai comuni di Valledolmo (pomodoro siccagno), Castronovo di Sicilia (truscitedda), Roccapalumba (ficodindia), Prizzi (fave) e Palazzo Adriano (cuccìa), ognuno di essi rappresentato dalle associazioni di volontariato che organizzano l'iniziativa: Solidarietà di Prizzi, Misericordia di Valledomo e Roccapalumba, ONVGI “Giubbe D’Italia” Sezione di Palazzo Adriano, Giovanni Paolo II Castronovo di Sicilia, Prociv-Arci Grifone di Corleone, Arcaverde ONLUS Distaccamento di Prizzi, Liberacqua VSA.
Il progetto intende promuovere e far conoscere i territori di questa zona dell’entroterra palermitano, sia tramite la promozione delle associazioni di volontariato che in essi operano, sia tramite i prodotti tipici della produzione locale.
La partecipazione a tutte le attività è gratuita.

lunedì 20 luglio 2015

VolontariAMO con la musica, a Petrosino si sonclude la seconda edizione

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Evento finale del progetto di Promozione del Volontariato Giovanile promosso dalle associazioni di volontariato della delegazione CeSVoP di Marsala. "VolontariAMO con la musica" si svolge domenica 26 luglio in Piazza Biscione a Petrosino dalle ore 21 e sarà presentato da Vincenzo Coppola.
Il progetto è promosso da: Auser di Marsala; Auser di Petrosino; Misericordia di Petrosino; Trinacria Guardie ambientali di Petrosino; Il Cuore Isolano di Strasatti; AIPS di Strasatti; Anteas di Strasatti; Avis Provinciale di Trapani; Andos Marsala e Homo habilis Marsala, in collaborazione con la delegazione CeSVoP di Marsala.
Si tratta di una manifestazione che punta a  sensibilizzare i giovani, attraverso la musica, al mondo del volontariato. I ragazzi che hanno aderito a questo progetto si cimenteranno in esibizioni di canto e suono di alcuni strumenti musicali e, quindi, di conseguenza verranno proposte al pubblico le seguenti esecuzioni musicali: rinascimentale, classica, folk, leggera, blues, rap, rock.
Durante la serata vi sarà anche l'esibizione musicale di alcuni ragazzi dell'associazione "Astro Nascente" ed esibizioni di ballo della scuola "Sballo Latino" di Petrosino.
L'ingresso è gratuito.
Per info: delegazione CeSVoP di Marsala, via Sibilla, 30, tel/fax 0923612217.

La città in tasca. A Palermo prende il via il laboratorio di Arciragazzi

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Anche quest'anno Arciragazzi Palermo propone il laboratorio ludico-ricreativo "La città in tasca", un percorso rivolto a bambini della fascia d'età 6-12 anni che porterà alla realizzazione di una vera e propria città a misura loro. Le attività si terranno a Borgonuovo, Palermo, dal 27 al 31 luglio 2015 tutti i pomeriggi. Sono invitati oltre ai bambini, tutti i giovani volontari che volessero sperimentare questo interessante percorso formativo/educativo.
Anche quest'anno Arciragazzi Palermo organizza la "Città in tasca": un percorso ludico-formativo rivolto ai giovani volontari dell'associazione che, assieme ai bambini del quartiere, costruiranno una città in miniatura all'interno del giardino della Ludoteca “Ragazzarci” di Piazza Santa Cristina 2, nel quartiere Borgonuovo di Palermo.
L’attività vedrà coinvolti più di 15 giovani volontari e più di 50 bambini del quartiere, che, attraverso laboratori e attività ludiche, dal 27 luglio prepareranno tutto il necessario per costruire la loro "Città a misura di bambino", sulla base dei loro desideri che verrà allestita la mattina di venerdì 31 luglio, e verrà inaugurata, lo stesso giorno, nel pomeriggio dalle 16,00.
La città si svilupperà su tre aree: servizi, produzione, regole e governo. Ognuna di queste aree prevede dei sottogruppi in cui i bambini e le bambine prenderanno decisioni riguardanti il proprio settore. Durante le assemblee verranno prese inoltre le decisioni riguardanti la comunità. Gli utenti del laboratorio saranno sia i giovani volontari coinvolti, sia i bambini e le bambine dai 6 ai 13 anni.
Tutti i volontari, anche di altre associazioni, interessati a sperimentare questo percorso formativo/educativo come operatori, sono invitati a partecipare, basterà contattare Arciragazzi Palermo al tf. 392 95 04 367.
Sono più di 10 anni che Arciragazzi Palermo propone questa attività, ormai diventata un appuntamento fisso per il quartiere di Borgonuovo, momento conclusivo di un intero anno di attività con i bambini, incentrate sulla pratica dei diritti e della partecipazione, ma allo stesso tempo, punto di partenza per nuove iniziative e nuovi percorsi educativi da riprendere dopo l'estate. 
Appuntamento dunque per venerdì 31 luglio 2015, Palermo, P.zza Santa Cristina 2 ore 16,00.
Per info: Tel. 3929504367 e www.arciragazzipalermo.org

Volontariato e giovani sulle Madonie

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Le associazioni della delegazione CeSVoP di Gangi (PA) incontrano i giovani di Castellana Sicula, Gangi e Polizzi Generosa il 20, 21 e 22 luglio 2015.
Le associazioni di Volontariato: AUSER di Polizzi Generosa, DIMENSIONE UOMO di Gangi, LIFE ONLUS di Gangi, LA QUACELLA di Polizzi Generosa e AVIS Comunale di Gangi organizzano questi appuntamenti:

- 20 luglio, Castellana Sicula - Parrocchia ore 18.

- 21 luglio, Gangi - Villetta (via Nazionale) ore 18.

- 22 luglio, Polizzi Generosa - Angolo Pub (via Garibaldi) ore 18.

Un'opportunità per aggregare nuovi volontari nelle attività che quotidianamente vengono svolte in favore dei più deboli.

venerdì 17 luglio 2015

Presentazione di CongiunturaRes

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La CongiunturaRes è una pubblicazione periodica che offre analisi e previsioni sull’andamento dell’economia siciliana e fornisce approfondimenti, stime e aggiornamenti su rilevanti tematiche di attualità economica e sociale.
Viene presentata a Palermo il 21 luglio 2015 dalla Fondazione Sicilia al Palazzo Branciforte (Via Bara all’Olivella 2) alle ore 10,45.
Introduce: Carlo Trigilia, Presidente Fondazione RES.
Presenta: Adam Asmundo, Fondazione RES.
Intervengono:
- Bruno Caruso, Assessore Regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro
- Maurizio Caserta, Università di Catania
- Giuseppe Citarrella, Presidente Centro Studi CGIL Sicilia
La pubblicazione è curata da RES - Istituto di Ricerca su Economia e Società in Sicilia - promossa e sostenuta da UnicreditGroup e dalla Fondazione Sicilia.
Scarica l'invito

S.O.S. Volontari, un aiuto alla Caritas di Palermo ma anche...

Una mano di aiuto alla mensa della Caritas di Palermo, ma anche a tutte le realtà di volontariato in prima linea in Sicilia nell'accoglienza agli immigrati soccorsi nel Mediterraneo. Ne parla il Giornale di Sicilia del 17 luglio 2015 (clicca sull'immagine per ingrandirla).


giovedì 16 luglio 2015

Dati Istat sulla povertà, il commento sulla situazione siciliana

Dal Giornale di Sicilia del 16 luglio 2015 l'analisi dei dati siciliani emersi dall'indagine Istat sulla povertà in Italia (clicca sull'immagine per ingrandirla).

In ricordo di Paolo Borsellino e della scorta

In occasione dell'anniversario della strage mafiosa di via D'Amelio in cui furono massacrati il giudice Paolo Borsellino e i poliziotti della scorta, a Palermo si svolgono alcune iniziative che trovi nella locandina e nell'articolo del Giornale di Sicilia del 16 luglio 2015 pubblicati qui sotto (clicca sulle immagini per ingrandirle).

martedì 14 luglio 2015

CeSVoP, sede direzionale chiusa per Santa Rosalia

In occasione della festa di S. Rosalia, patrona di Palermo, il 15 luglio 2015 la sede direzionale del CeSVoP sarà chiusa per l'intera giornata.

lunedì 13 luglio 2015

L'ADA e il benessere degli anziani. Incontro sulla nutrizione a Palermo

L'ADA Palermo organizza un incontro con una endocrinologa e dietologa per trattare gli aspetti relativi al benessere degli anziani attraverso l'alimentazione. Qui sotto la notizia riportata dal Giornale di Sicilia del 13 luglio 2015 (clicca sull'immagine per ingrandirla).

venerdì 10 luglio 2015

Il Papa ai Movimenti popolari riuniti in Bolivia

Pubblichiamo il testo del discorso di papa Francesco all'incontro boliviano dei movimenti popolari. Il testo è tratto dal sito del Vaticano ed ricco di spunti, suggestioni, riflessioni molto rilevanti anche per il volontariato perché riguardano i diritti dei più poveri e deboli, all'interno di una visione planetaria.

PARTECIPAZIONE AL II INCONTRO MONDIALE DEI MOVIMENTI POPOLARI
DISCORSO DEL SANTO PADRE
Centro fieristico Expo Feria, Santa Cruz de la Sierra (Bolivia)
Giovedì, 9 luglio 2015




Sorelle e fratelli, buon pomeriggio!
Qualche mese fa ci siamo incontrati a Roma ed ho presente quel primo nostro incontro. Durante questo periodo vi ho portato nel mio cuore e nelle mie preghiere. Sono contento di rivedervi qui, a discutere sui modi migliori per superare le gravi situazioni di ingiustizia che soffrono gli esclusi in tutto il mondo. Grazie, Signor Presidente Evo Morales, perché accompagna così risolutamente questo Incontro.
Quella volta a Roma ho sentito qualcosa di molto bello: fraternità, decisione, impegno, sete di giustizia. Oggi, a Santa Cruz de la Sierra, ancora una volta sento lo stesso. Grazie per tutto ciò. Ho saputo anche dal cardinale Turkson presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che molti nella Chiesa si sentono più vicini ai movimenti popolari. Me ne rallegro molto! Vedere la Chiesa con le porte aperte a tutti voi, mettersi in gioco, accompagnare, e programmare in ogni diocesi, ogni Commissione di Giustizia e Pace, una reale collaborazione, permanente e impegnata con i movimenti popolari. Vi invito tutti, Vescovi, sacerdoti e laici, comprese le organizzazioni sociali nelle periferie urbane e rurali, ad approfondire tale incontro.
Dio ci consente di rivederci nuovamente oggi. La Bibbia ci ricorda che Dio ascolta il grido del suo popolo e anch’io desidero unire la mia voce alla vostra: le famose “tre t”: terra, casa e lavoro per tutti i nostri fratelli e sorelle. L’ho detto e lo ripeto: sono diritti sacri. Vale la pena, vale la pena di lottare per essi. Che il grido degli esclusi si oda in America Latina e in tutta la terra.
1. Prima di tutto, iniziamo riconoscendo che abbiamo bisogno di un cambiamento. Ci tengo a precisare, affinché non ci sia fraintendimento, che parlo dei problemi comuni a tutti i latino-americani e, in generale, a tutta l'umanità. Problemi che hanno una matrice globale e che oggi nessuno Stato è in grado di risolvere da solo. Fatto questo chiarimento, propongo di porci queste domande:
- Sappiamo riconoscere, sul serio, che le cose non stanno andando bene in un mondo dove ci sono tanti contadini senza terra, molte famiglie senza casa, molti lavoratori senza diritti, molte persone ferite nella loro dignità?
- Riconosciamo che le cose non stanno andando bene quando esplodono molte guerre insensate e la violenza fratricida aumenta nei nostri quartieri? Sappiamo riconoscere che le cose non stanno andando bene quando il suolo, l'acqua, l'aria e tutti gli esseri della creazione sono sotto costante minaccia?
E allora, se riconosciamo questo, diciamolo senza timore: abbiamo bisogno e vogliamo un cambiamento.
Voi nelle vostre lettere e nei nostri incontri - mi avete informato sulle molte esclusioni e sulle ingiustizie subite in ogni attività di lavoro, in ogni quartiere, in ogni territorio. Sono molti e diversi come molti e diversi sono i modi di affrontarli. Vi è, tuttavia, un filo invisibile che lega ciascuna delle esclusioni. Non sono isolate, sono unite da un filo invisibile. Possiamo riconoscerlo? Perché non si tratta di problemi isolati. Mi chiedo se siamo in grado di riconoscere che tali realtà distruttive rispondono ad un sistema che è diventato globale. Sappiamo riconoscere che tale sistema ha imposto la logica del profitto ad ogni costo, senza pensare all’esclusione sociale o alla distruzione della natura?
Se è così, insisto, diciamolo senza timore: noi vogliamo un cambiamento, un vero cambiamento, un cambiamento delle strutture. Questo sistema non regge più, non lo sopportano i contadini, i lavoratori, le comunità, i villaggi .... E non lo sopporta più la Terra, la sorella Madre Terra, come diceva san Francesco.
Vogliamo un cambiamento nella nostra vita, nei nostri quartieri, nel salario minimo, nella nostra realtà più vicina; e pure un cambiamento che tocchi tutto il mondo perché oggi l'interdipendenza planetaria richiede risposte globali ai problemi locali. La globalizzazione della speranza, che nasce dai Popoli e cresce tra i poveri, deve sostituire questa globalizzazione dell’esclusione e dell’indifferenza!
Oggi vorrei riflettere con voi sul cambiamento che vogliamo e di cui vi è necessità. Sapete che recentemente ho scritto circa i problemi del cambiamento climatico. Ma questa volta, voglio parlare di un cambiamento nell’altro senso. Un cambiamento positivo, un cambiamento che ci faccia bene, un cambiamento che potremmo dire redentivo. Perché ne abbiamo bisogno. So che voi cercate un cambiamento e non solo voi: nei vari incontri, nei diversi viaggi, ho trovato che esiste un’attesa, una ricerca forte, un desiderio di cambiamento in tutti i popoli del mondo. Anche all'interno di quella minoranza in diminuzione che crede di beneficiare di questo sistema regna insoddisfazione e soprattutto tristezza. Molti si aspettano un cambiamento che li liberi da questa tristezza individualista che rende schiavi.
Il tempo, fratelli, sorelle, il tempo sembra che stia per giungere al termine; non è bastato combattere tra di noi, ma siamo arrivati ad accanirci contro la nostra casa. Oggi la comunità scientifica accetta quello che già da molto tempo denunciano gli umili: si stanno producendo danni forse irreversibili all’ecosistema. Si stanno punendo la terra, le comunità e le persone in modo quasi selvaggio. E dopo tanto dolore, tanta morte e distruzione, si sente il tanfo di ciò che Basilio di Cesarea – uno dei primi teologi della Chiesa – chiamava lo “sterco del diavolo”. L’ambizione sfrenata di denaro che domina. Questo è lo “sterco del diavolo”. E il servizio al bene comune passa in secondo piano. Quando il capitale diventa idolo e dirige le scelte degli esseri umani, quando l’avidità di denaro controlla l’intero sistema socioeconomico, rovina la società, condanna l’uomo, lo fa diventare uno schiavo, distrugge la fraternità interumana, spinge popolo contro popolo e, come si vede, minaccia anche questa nostra casa comune, la sorella madre terra.
Non voglio dilungarmi a descrivere gli effetti negativi di questa sottile dittatura: voi li conoscete. E non basta nemmeno segnalare le cause strutturali del dramma sociale e ambientale contemporaneo. Noi soffriamo un certo eccesso diagnostico che a volte ci porta a un pessimismo parolaio o a crogiolarci nel negativo. Vedendo la cronaca nera di ogni giorno, siamo convinti che non si può fare nulla, ma solo prendersi cura di sé e della piccola cerchia della famiglia e degli affetti.
Cosa posso fare io, raccoglitore di cartoni, frugatrice tra le cose, raccattatore, riciclatrice, di fronte a problemi così grandi, se appena guadagno quel tanto per mangiare? Cosa posso fare io artigiano, venditore ambulante, trasportatore, lavoratore escluso se non ho nemmeno i diritti dei lavoratori? Cosa posso fare io, contadina, indigeno, pescatore che appena appena posso resistere all’asservimento delle grandi imprese? Che cosa posso fare io dalla mia borgata, dalla mia baracca, dal mio quartiere, dalla mia fattoria quando sono quotidianamente discriminato ed emarginato? Che cosa può fare questo studente, questo giovane, questo militante, questo missionario che calca quartieri e luoghi con un cuore pieno di sogni, ma quasi nessuna soluzione ai suoi problemi? Potete fare molto. Potete fare molto! Voi, i più umili, gli sfruttati, i poveri e gli esclusi, potete fare e fate molto. Oserei dire che il futuro dell'umanità è in gran parte nelle vostre mani, nella vostra capacità di organizzare e promuovere alternative creative nella ricerca quotidiana delle “tre t”, d’accordo? - lavoro, casa, terra - e anche nella vostra partecipazione attiva ai grandi processi di cambiamento, cambiamenti nazionali, cambiamenti regionali e cambiamenti globali. Non sminuitevi!
2. Voi siete seminatori di cambiamento. Qui in Bolivia ho sentito una frase che mi piace molto: “processo di cambiamento”. Il cambiamento concepito non come qualcosa che un giorno arriverà perché si è imposta questa o quella scelta politica o perché si è instaurata questa o quella struttura sociale. Sappiamo dolorosamente che un cambiamento di strutture che non sia accompagnato da una sincera conversione degli atteggiamenti e del cuore finisce alla lunga o alla corta per burocratizzarsi, corrompersi e soccombere. Bisogna cambiare il cuore. Per questo mi piace molto l’immagine del processo, i processi, dove la passione per il seminare, per l’irrigare con calma ciò che gli altri vedranno fiorire sostituisce l’ansia di occupare tutti gli spazi di potere disponibili e vedere risultati immediati. La scelta è di generare processi e non di occupare spazi. Ognuno di noi non è che parte di un tutto complesso e variegato che interagisce nel tempo: gente che lotta per un significato, per uno scopo, per vivere con dignità, per “vivere bene”, dignitosamente, in questo senso.
Voi, da parte dei movimenti popolari, assumete i compiti di sempre, motivati​ dall’amore fraterno che si ribella contro l’ingiustizia sociale. Quando guardiamo il volto di quelli che soffrono, il volto del contadino minacciato, del lavoratore escluso, dell’indigeno oppresso, della famiglia senza casa, del migrante perseguitato, del giovane disoccupato, del bambino sfruttato, della madre che ha perso il figlio in una sparatoria perché il quartiere è stato preso dal traffico di droga, del padre che ha perso la figlia perché è stata sottoposta alla schiavitù; quando ricordiamo quei “volti e nomi” ci si stringono le viscere di fronte a tanto dolore e ci commuoviamo, tutti ci commuoviamo. Perché “abbiamo visto e udito” non la fredda statistica, ma le ferite dell’umanità sofferente, le nostre ferite, la nostra carne. Questo è molto diverso dalla teorizzazione astratta o dall’indignazione elegante. Questo ci tocca, ci commuove e cerchiamo l’altro per muoverci insieme. Questa emozione fatta azione comunitaria non si comprende unicamente con la ragione: ha un “più” di senso che solo la gente capisce e che dà la propria  particolare mistica ai veri movimenti popolari.
Voi vivete ogni giorno, impregnati, nell’intrico della tempesta umana. Mi avete parlato delle vostre cause, mi avete reso partecipe delle vostre lotte, già da Buenos Aires, e vi ringrazio. Voi, cari fratelli, lavorate molte volte nella dimensione piccola, vicina, nella realtà ingiusta che vi è imposta, eppure non vi rassegnate, opponendo una resistenza attiva al sistema idolatrico che esclude, degrada e uccide. Vi ho visto lavorare instancabilmente per la terra e l’agricoltura contadina, per i vostri territori e comunità, per la dignità dell’economia popolare, per l’integrazione urbana delle vostre borgate e dei vostri insediamenti, per l’autocostruzione di abitazioni e lo sviluppo di infrastrutture di quartiere, e in tante attività comunitarie che tendono alla riaffermazione di qualcosa di così fondamentale e innegabilmente necessario come il diritto alle “tre t”: terra, casa e lavoro.
Questo attaccamento al quartiere, alla terra, all’occupazione, al sindacato, questo riconoscersi nel volto dell’altro, questa vicinanza del giorno per giorno, con le sue miserie – perché ci sono, le abbiamo – e i suoi eroismi quotidiani, è ciò che permette di esercitare il mandato dell’amore non partendo da idee o concetti, bensì partendo dal genuino incontro tra persone, perché abbiamo bisogno di instaurare questa cultura dell’incontro, perché non si amano né i concetti né le idee, nessuno ama un concetto, un’idea, si amano le persone. Il darsi, l’autentico darsi viene dall’amare uomini e donne, bambini e anziani e le comunità: volti, volti e nomi che riempiono il cuore. Da quei semi di speranza piantati pazientemente nelle periferie dimenticate del pianeta, da quei germogli di tenerezza che lottano per sopravvivere nel buio dell’esclusione, cresceranno alberi grandi, sorgeranno boschi fitti di speranza per ossigenare questo mondo.
Vedo con gioia che lavorate nella dimensione di prossimità, prendendovi cura dei germogli; ma, allo stesso tempo, con una prospettiva più ampia, proteggendo il bosco. Lavorate in una prospettiva che non affronta solo la realtà settoriale che ciascuno di voi rappresenta e nella quale è felicemente radicato, ma cercate anche di risolvere alla radice i problemi generali di povertà, disuguaglianza ed esclusione.
Mi congratulo con voi per questo. E’ indispensabile che, insieme alla rivendicazione dei vostri legittimi diritti, i popoli e le loro organizzazioni sociali costruiscano un’alternativa umana alla globalizzazione escludente. Voi siete seminatori del cambiamento. Che Dio vi conceda coraggio, gioia, perseveranza e passione per continuare la semina! Siate certi che prima o poi vedremo i frutti. Ai dirigenti chiedo: siate creativi e non perdete mai il vostro attaccamento alla prossimità, perché il padre della menzogna sa usurpare nobili parole, promuovere mode intellettuali e adottare pose ideologiche, ma se voi costruite su basi solide, sulle esigenze reali e sull’esperienza viva dei vostri fratelli, dei contadini e degli indigeni, dei lavoratori esclusi e delle famiglie emarginate, sicuramente non sbaglierete.
La Chiesa non può e non deve essere aliena da questo processo nell’annunciare il Vangelo. Molti sacerdoti e operatori pastorali svolgono un compito enorme accompagnando e promuovendo gli esclusi di tutto il mondo, al fianco di cooperative, sostenendo l’imprenditorialità, costruendo alloggi, lavorando con abnegazione nel campo della salute, dello sport e dell’educazione. Sono convinto che la collaborazione rispettosa con i movimenti popolari può potenziare questi sforzi e rafforzare i processi di cambiamento.
Teniamo sempre nel cuore la Vergine Maria, umile ragazza di un piccolo villaggio sperduto nella periferia di un grande impero, una madre senza tetto che seppe trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù con un po’ di panni e una montagna di tenerezza. Maria è un segno di speranza per la gente che soffre le doglie del parto fino a quando germogli la giustizia. Prego la Vergine Maria, così venerata dal popolo boliviano, affinché faccia sì che questo nostro Incontro sia lievito di cambiamento.

3. Infine vorrei che pensassimo insieme alcuni compiti importanti per questo momento storico, perché vogliamo un cambiamento positivo per il bene di tutti i nostri fratelli e sorelle, questo lo sappiamo. Vogliamo un cambiamento che si arricchisca con lo sforzo congiunto dei governi, dei movimenti popolari e delle altre forze sociali, ed anche questo lo sappiamo. Ma non è così facile da definire il contenuto del cambiamento, si potrebbe dire il programma sociale che rifletta questo progetto di fraternità e di giustizia che ci aspettiamo. Non è facile definirlo. In tal senso, non aspettatevi da questo Papa una ricetta. Né il Papa né la Chiesa hanno il monopolio della interpretazione della realtà sociale né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei. Oserei dire che non esiste una ricetta. La storia la costruiscono le generazioni che si succedono nel quadro di popoli che camminano cercando la propria strada e rispettando i valori che Dio ha posto nel cuore.
Vorrei, tuttavia, proporre tre grandi compiti che richiedono l’appoggio determinante dell’insieme di tutti i movimenti popolari:
3.1. Il primo compito è quello di mettere l’economia al servizio dei popoli: gli esseri umani e la natura non devono essere al servizio del denaro. Diciamo NO a una economia di esclusione e inequità in cui il denaro domina invece di servire. Questa economia uccide. Questa economia è escludente. Questa economia distrugge la Madre Terra.
L’economia non dovrebbe essere un meccanismo di accumulazione, ma la buona amministrazione della casa comune. Ciò significa custodire gelosamente la casa e distribuire adeguatamente i beni tra tutti. Il suo scopo non è solo assicurare il cibo o un “decoroso sostentamento”. E nemmeno, anche se sarebbe comunque un grande passo avanti, garantire l’accesso alle “tre t” per le quali voi lottate. Un'economia veramente comunitaria, direi una economia di ispirazione cristiana, deve garantire ai popoli dignità, «prosperità senza escludere alcun bene» (Giovanni XXIII, Lett. enc. Mater et Magistra [15 maggio 1961], 3: AAS 53 (1961), 402). Quest’ultima frase la disse il Papa Giovanni XXIII cinquant’anni fa. Gesù dice nel Vangelo che a chi avrà dato spontaneamente un bicchier d’acqua a un assetato, ne sarà tenuto conto nel Regno dei cieli. Ciò comporta le “tre t”, ma anche l’accesso all’istruzione, alla salute, all’innovazione, alle manifestazioni artistiche e culturali, alla comunicazione, allo sport e alla ricreazione. Un’economia giusta deve creare le condizioni affinché ogni persona possa godere di un’infanzia senza privazioni, sviluppare i propri talenti nella giovinezza, lavorare con pieni diritti durante gli anni di attività e accedere a una pensione dignitosa nell’anzianità. Si tratta di un’economia in cui l’essere umano, in armonia con la natura, struttura l’intero sistema di produzione e distribuzione affinché le capacità e le esigenze di ciascuno trovino espressione adeguata nella dimensione sociale. Voi, e anche altri popoli, riassumete questa aspirazione in un modo semplice e bello: “vivere bene” – che non è lo stesso che “passarsela bene”.
Questa economia è non solo auspicabile e necessaria, ma anche possibile. Non è un’utopia o una fantasia. È una prospettiva estremamente realistica. Possiamo farlo. Le risorse disponibili nel mondo, frutto del lavoro intergenerazionale dei popoli e dei doni della creazione, sono più che sufficienti per lo sviluppo integrale di «ogni uomo e di tutto l’uomo» (Paolo VI, Lett. enc. Populorum progressio [26 marzo 1967], 14: AAS 59 (1967), 264). Il problema, invece, è un altro. Esiste un sistema con altri obiettivi. Un sistema che oltre ad accelerare in modo irresponsabile i ritmi della produzione, oltre ad incrementare nell’industria e nell’agricoltura metodi che danneggiano la Madre Terra in nome della “produttività”, continua a negare a miliardi di fratelli i più elementari diritti economici, sociali e culturali. Questo sistema attenta al progetto di Gesù, contro la Buona Notizia che ha portato Gesù.
L’equa distribuzione dei frutti della terra e del lavoro umano non è semplice filantropia. E’ un dovere morale. Per i cristiani, l’impegno è ancora più forte: è un comandamento. Si tratta di restituire ai poveri e ai popoli ciò che appartiene a loro. La destinazione universale dei beni non è un ornamento discorsivo della dottrina sociale della Chiesa. E’ una realtà antecedente alla proprietà privata. La proprietà, in modo particolare quando tocca le risorse naturali, dev’essere sempre in funzione dei bisogni dei popoli. E questi bisogni non si limitano al consumo. Non basta lasciare cadere alcune gocce quando i poveri agitano questo bicchiere che mai si versa da solo. I piani di assistenza che servono a certe emergenze dovrebbero essere pensati solo come risposte transitorie, occasionali. Non potrebbero mai sostituire la vera inclusione: quella che dà il lavoro dignitoso, libero, creativo, partecipativo e solidale.
In questo cammino, i movimenti popolari hanno un ruolo essenziale, non solo nell’esigere o nel reclamare, ma fondamentalmente nel creare. Voi siete poeti sociali: creatori di lavoro, costruttori di case, produttori di generi alimentari, soprattutto per quanti sono scartati dal mercato mondiale.
Ho conosciuto da vicino diverse esperienze in cui i lavoratori riuniti in cooperative e in altre forme di organizzazione comunitaria sono riusciti a creare un lavoro dove c’erano solo scarti dell’economia idolatrica. E ho visto che alcuni sono qui. Le imprese recuperate, i mercatini liberi e le cooperative di raccoglitori di cartone sono esempi di questa economia popolare che emerge dall’esclusione e, a poco a poco, con fatica e pazienza, assume forme solidali che le danno dignità. Come è diverso questo rispetto al fatto che gli scartati dal mercato formale siano sfruttati come schiavi!
I governi che assumono come proprio il compito di mettere l’economia al servizio della gente devono promuovere il rafforzamento, il miglioramento, il coordinamento e l’espansione di queste forme di economia popolare e di produzione comunitaria. Ciò implica migliorare i processi di lavoro, provvedere infrastrutture adeguate e garantire pieni diritti ai lavoratori di questo settore alternativo. Quando Stato e organizzazioni sociali assumono insieme la missione delle “tre t” si attivano i principi di solidarietà e di sussidiarietà che permettono la costruzione del bene comune in una democrazia piena e partecipativa.
3.2. Il secondo compito è quello di unire i nostri popoli nel cammino della pace e della giustizia.
I popoli del mondo vogliono essere artefici del proprio destino. Vogliono percorrere in pace la propria marcia verso la giustizia. Non vogliono tutele o ingerenze in cui il più forte sottomette il più debole. Chiedono che la loro cultura, la loro lingua, i loro processi sociali e le loro tradizioni religiose siano rispettati. Nessun potere di fatto o costituito ha il diritto di privare i paesi poveri del pieno esercizio della propria sovranità e, quando lo fanno, vediamo nuove forme di colonialismo che compromettono seriamente le possibilità di pace e di giustizia, perché «la pace si fonda non solo sul rispetto dei diritti dell’uomo, ma anche su quello dei diritti dei popoli, in particolare il diritto all’indipendenza» (Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 157).
I popoli dell’America Latina hanno partorito dolorosamente la propria indipendenza politica e, da allora, portano avanti quasi due secoli di una storia drammatica e piena di contraddizioni cercando di conquistare la piena indipendenza.
In questi ultimi anni, dopo tante incomprensioni, molti Paesi dell’America Latina hanno visto crescere la fraternità tra i loro popoli. I governi della regione hanno unito le forze per far rispettare la propria sovranità, quella di ciascun Paese e quella della regione nel suo complesso, che in modo così bello, come i nostri antichi padri, chiamano la “Patria Grande”. Chiedo a voi, fratelli e sorelle dei movimenti popolari, di avere cura e di accrescere questa unità. Mantenere l’unità contro ogni tentativo di divisione è necessario perché la regione cresca in pace e giustizia.
Nonostante questi progressi, ci sono ancora fattori che minano lo sviluppo umano equo e limitano la sovranità dei paesi della "Patria Grande" e di altre regioni del pianeta. Il nuovo colonialismo adotta facce diverse. A volte, è il potere anonimo dell’idolo denaro: corporazioni, mutuanti, alcuni trattati chiamati “di libero commercio” e l’imposizione di mezzi di “austerità” che aggiustano sempre la cinta dei lavoratori e dei poveri. Come Vescovi latino-americani lo denunciamo molto chiaramente nel Documento di Aparecida, quando affermano che «le istituzioni finanziarie e le imprese transnazionali si rafforzano fino al punto di subordinare le economie locali, soprattutto indebolendo gli Stati, che appaiono sempre più incapaci di portare avanti progetti di sviluppo per servire le loro popolazioni» (V Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano [2007], Documento conclusivo, 66). In altre occasioni, sotto il nobile pretesto della lotta contro la corruzione, il traffico di droga e il terrorismo - gravi mali dei nostri tempi che richiedono un intervento internazionale coordinato - vediamo che si impongono agli Stati misure che hanno poco a che fare con la soluzione di queste problematiche e spesso peggiorano le cose.
Allo stesso modo, la concentrazione monopolistica dei mezzi di comunicazione che cerca di imporre alienanti modelli di consumo e una certa uniformità culturale è un altro modalità adottata dal nuovo colonialismo. Questo è  il colonialismo ideologico. Come dicono i Vescovi dell’Africa, molte volte si pretende di convertire i paesi poveri in «pezzi di un meccanismo, parti di un ingranaggio gigantesco» (Giovanni Paolo II, Esort. ap. Ecclesia in Africa [14 settembre 1995], 52: AAS 88 [1996], 32-33; cfr Lett. enc. Sollicitudo rei socialis [30 dicembre 1987], 22: AAS 80 [1988], 539).

Occorre riconoscere che nessuno dei gravi problemi dell’umanità può essere risolto senza l’interazione tra gli Stati e i popoli a livello internazionale. Ogni atto di ampia portata compiuto in una parte del pianeta si ripercuote nel tutto in termini economici, ecologici, sociali e culturali. Persino il crimine e la violenza si sono globalizzati. Pertanto nessun governo può agire al di fuori di una responsabilità comune. Se vogliamo davvero un cambiamento positivo, dobbiamo accettare umilmente la nostra interdipendenza, cioè la nostra sana interdipendenza. Ma interazione non è sinonimo di imposizione, non è subordinazione di alcuni in funzione degli interessi di altri. Il colonialismo, vecchio e nuovo, che riduce i paesi poveri a semplici fornitori di materie prime e manodopera a basso costo, genera violenza, povertà, migrazioni forzate e tutti i mali che abbiamo sotto gli occhi... proprio perché mettendo la periferia in funzione del centro le si nega il diritto ad uno sviluppo integrale. E questo, fratelli, è inequità, e l’inequità genera violenza che nessuna polizia, militari o servizi segreti sono in grado di fermare.
Diciamo NO, dunque, a vecchie e nuove forme di colonialismo. Diciamo SÌ all’incontro tra popoli e culture. Beati coloro che lavorano per la pace.
Qui voglio soffermarmi su una questione importante. Perché qualcuno potrà dire, a buon diritto, “quando il Papa parla di colonialismo dimentica certe azioni della Chiesa”. Vi dico, a malincuore: si sono commessi molti e gravi peccati contro i popoli originari dell’America in nome di Dio. Lo hanno riconosciuto i miei predecessori, lo ha detto il CELAM, il Consiglio Episcopale Latinoamericano, e lo voglio dire anch’io. Come san Giovanni Paolo II, chiedo che la Chiesa «si inginocchi dinanzi a Dio ed implori il perdono per i peccati passati e presenti dei suoi figli» (Bolla Incarnationis mysterium [29 novembre 1998], 11: AAS 91 [1999], 140). E desidero dirvi, vorrei essere molto chiaro, come lo era san Giovanni Paolo II: chiedo umilmente perdono, non solo per le offese della propria Chiesa, ma per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America. E insieme a questa richiesta di perdono, per essere giusti, chiedo anche che ricordiamo migliaia di sacerdoti e vescovi, che opposero fortemente alla logica della spada con la forza della Croce. Ci fu peccato, ci fu peccato e abbondante, ma non abbiamo chiesto perdono, e per questo chiediamo perdono, e chiedo perdono, però là, dove ci fu il peccato, dove ci fu abbondante peccato, sovrabbondò la grazia mediante questi uomini che difesero la giustizia dei popoli originari.
Chiedo anche a tutti voi, credenti e non credenti, di ricordarvi di tanti vescovi, sacerdoti e laici che hanno predicato e predicano la Buona Notizia di Gesù con coraggio e mansuetudine, rispetto e in pace - ho detto vescovi, sacerdoti e laici; non mi voglio dimenticare delle suore, che anonimamente percorrono i nostri quartieri poveri portando un messaggio di pace e di bene -, che nel loro passaggio per questa vita hanno lasciato commoventi opere di promozione umana e di amore, molte volte a fianco delle popolazioni indigene o accompagnando i movimenti popolari anche fino al martirio. La Chiesa, i suoi figli e figlie, sono una parte dell’identità dei popoli dell’America Latina. Identità che, sia qui che in altri Paesi, alcuni poteri sono determinati a cancellare, talvolta perché la nostra fede è rivoluzionaria, perché la nostra fede sfida la tirannia dell’idolo denaro. Oggi vediamo con orrore come il Medio Oriente e in altre parti del mondo si perseguitano, si torturano, si assassinano molti nostri fratelli a causa della loro fede in Gesù. Dobbiamo denunciare anche questo: in questa terza guerra mondiale “a rate” che stiamo vivendo, c’è una sorta – forzo il termine – di genocidio in corso che deve fermarsi.
Ai fratelli e alle sorelle del movimento indigeno latinoamericano, lasciatemi esprimere il mio più profondo affetto e congratularmi per la ricerca dell’unione dei loro popoli e delle culture; unione che a me piace chiamare “poliedro”: una forma di convivenza in cui le parti mantengono la loro identità costruendo insieme una pluralità che, non mette in pericolo, bensì rafforza l’unità. La loro ricerca di questo multiculturalismo, che combina la riaffermazione dei diritti dei popoli originari con il rispetto dell’integrità territoriale degli Stati, ci arricchisce e ci rafforza tutti.
3.3. Il terzo compito, forse il più importante che dobbiamo assumere oggi, è quello di difendere la Madre Terra.
La casa comune di tutti noi viene saccheggiata, devastata, umiliata impunemente. La codardia nel difenderla è un peccato grave. Vediamo con delusione crescente che si succedono uno dopo l’altro vertici internazionali senza nessun risultato importante. C’è un chiaro, preciso e improrogabile imperativo etico ad agire che non viene soddisfatto. Non si può consentire che certi interessi – che sono globali, ma non universali – si impongano, sottomettano gli Stati e le organizzazioni internazionali e continuino a distruggere il creato. I popoli e i loro movimenti sono chiamati a far sentire la propria voce, a mobilitarsi, ad esigere – pacificamente ma tenacemente – l’adozione urgente di misure appropriate. Vi chiedo, in nome di Dio, di difendere la Madre Terra. Su questo argomento mi sono debitamente espresso nella Lettera enciclica Laudato si', che credo vi sarà consegnata alla fine.
4. Per terminare, vorrei dire ancora una volta: il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. E' soprattutto nelle mani dei popoli; nella loro capacità di organizzarsi ed anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento. Io vi accompagno. E ciascuno, ripetiamo insieme dal cuore: nessuna famiglia senza casa, nessun contadino senza terra, nessun lavoratore senza diritti, nessun popolo senza sovranità, nessuna persona senza dignità, nessun bambino senza infanzia, nessun giovane senza opportunità, nessun anziano senza una venerabile vecchiaia. Proseguite nella vostra lotta e, per favore, abbiate molta cura della Madre Terra. Credetemi, sono sincero, lo dico dal cuore: prego per voi, prego con voi e desidero chiedere a Dio nostro Padre di accompagnarvi e di benedirvi, che vi colmi del suo amore e vi difenda nel cammino, dandovi abbondantemente quella forza che ci fa stare in piedi: quella forza è la speranza. E una cosa importante: la speranza non delude! E, per favore, vi chiedo di pregare per me. E se qualcuno di voi non può pregare, con tutto rispetto, gli chiedo che mi pensi bene e mi mandi “buona onda”. Grazie!

mercoledì 8 luglio 2015

Nuova programmazione Fondo Sociale Europeo in Sicilia

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Verrà presentata a Palermo il 16 e 17 luglio 2015 alla Sala De Seta dei Cantieri Culturali alla Zisa. Appuntamento a partire dalle ore 9,30.

MANIFESTO
PROGRAMMA OPERATIVO FONDO SOCIALE 2014-2020

WITHYOUWEDO, la piattaforma gratuita di crowdfunding di TIM a disposizione di enti, associazioni e cittadini

Partita la seconda call per i progetti.
Proporre un progetto è semplice: basta collegarsi al sito withyouwedo.telecomitalia.com e accedere alla sezione “Come funziona”, per ricevere tutte le indicazioni e i consigli per presentare correttamente la vostra iniziativa.
Avete tempo sino al 31 Luglio per inviare i vostri progetti; il team di valutazione li analizzerà con cura, valutandone la coerenza con gli ambiti previsti, e i 9 progetti più interessanti potranno essere pubblicati per avviare la raccolta di fondi, entro settembre.
Nessuna commissione è applicata da TIM per l’utilizzo della piattaforma da parte dei progettisti; le iniziative selezionate godranno inoltre di un contributo TIM, sino al valore del 25% del goal, e con un massimo per progetto di 10.000€, ma solo se il goal economico del progetto proposto verrà raggiunto.
I progetti selezionati fruiranno inoltre della visibilità legata alle azioni di comunicazione promozionali, come ad esempio le experience speciali che amici dell’iniziativa, come Gianluigi Buffon e Francesco Facchinetti, hanno voluto mettere a disposizione di tre fortunati donatori, estratti a sorte tra quanti avranno contribuito con almeno 5€ ad uno dei progetti in finanziamento.
Volete saperne di più? Scrivete qui.

martedì 7 luglio 2015

Amministrare con i cittadini, manifestazione a Palermo

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Giovedì 9 luglio alle ore 18.30 in piazza Castelnuovo a Palermo per una maggiore partecipazione nelle scelte amministrative, trasparenza, programmazione, qualità ambientale, architettonica, urbana. Si tratta di una manifestazione di piazza, alla vigilia del 391° Festino di Santa Rosalia, ricca di eventi creativi e di sorprese, affinché, finalmente a Palermo, le scelte amministrative:
- siano partecipate e non più imposte dall'alto;
- siano trasparenti e quindi rese note con tutti i mezzi possibili, (p.e. progetti delle grandi opere pubblicati sul sito del comune, affissi in spazi appositi come per legge);
- facciano parte di una programmazione generale di base, organica e condivisa;
- scaturiscano da competenze e responsabilità specifiche e dichiarate;
- esprimano una necessaria consapevolezza ambientale (no ad un taglio non indispensabile di alberi, si alla applicazione del regolamento già esistente sul verde, ecc.);
- garantiscano una alta qualità architettonica (si a progetti che ri-conoscano il 'valore' della città e delle sue parti, redatti da professionisti qualificati o tramite concorsi di progettazione, ecc).
I promotori dell'iniziativa chiedono:
- l'esecuzione in corso di tram, anello e passante ferroviario trovi i necessari aggiustamenti;
- il completamento di queste grandi opere sia un reale beneficio per la città, a tutti i livelli.
Inoltre, essi spingono affinché si approvino e si mettano subito in atto normative e strumentazioni (chieste già da tempo) indispensabili per una partecipazione strutturata da parte della cittadinanza alle scelte amministrative:
- vengano approvate le 8 consulte sul verde, mobilità, opere pubbliche, beni comunali, urbanistica, ambiente e salute, trasparenza e partecipazione, differenze di genere e pari opportunità (le consulte del verde, mobilità e lavori pubblici possono diventare subito tavoli permanenti di intermediazione con la cittadinanza sulle grandi opere);
- il titolo II, almeno, del nuovo statuto comunale redatto assieme la cittadinanza contenente nuovi strumenti di partecipazione, trasparenza e programmazione quali il bilancio partecipativo, il referendum abrogativo e propositivo, ecc
- il nuovo regolamento sulla gestione beni comuni redatto dalle associazioni cittadine.
All'iniziativa, oltre a centinaia di cittadini e cittadine di Palermo, sinora hanno aderito:
ALBERIAMOPALERMO
ANGHELOS CENTRO STUDI SULLA COMUNICAZIONE
CIRCOLO LEGAMBIENTE MESOGEO
COMITATO BENE COLLETTIVO
COMITATO CENTRO STORICO
COMITATO PER LA RINASCITA DELLA COSTA E DEL MARE
COMITATO VIASICILIAVIALELAZIO
CONSULTE A PALERMO QUANDO?
DECIDIAMOLO INSIEME
GRUPPO RICERCA ECOLOGICA
GUERRILLA GARDENING
LIPU
OLTREVERDE CODIFAS
PALERMODAFARE
PROFESSIONISTI LIBERI
RENURBAN
TOURING CLUB ITALIANO
VOCI ATTIVE
WWF Sicilia Nord Occidentale, già WWF Palermo

Coordinamento generale e portavoce è il  Comitato di cittadini per il Bene Collettivo
per info: comitato@benecollettivo.it ; tel 091341791; pagina facebook
Comitato bene collettivo amministrarre con i cittadini
e in particolar modo sull'evento https://www.facebook.com/events/1665631653670899/
Inoltre: Alberiamo Palermo
https://www.facebook.com/pages/AlberiAMO-Palermo/984142508292883?fref=ts
e Consulte Civiche a Palermo Quando?
https://www.facebook.com/groups/1024430817584494/?fref=ts

Il Papa in Ecuador, una riflessione sulla famiglia e sulla speranza

Riportiamo il testo dell'omelia che papa Francesco ha pronunciato nel corso della celebrazione eucaristica nel Parco de los Samanes a Guayaquil in Ecuador (prima tappa del suo viaggio in America Latina), lunedì 6 luglio 2015. Si tratta di un testo che, oltre a sviluppare il tema della famiglia, si apre a una riflessione sulla speranza che va riscoperta anche laddove sembra che non vi sia più nulla da fare. Pure nei casi estremi occorre ricordare che "il vino migliore sta per arrivare".

Il brano del Vangelo che abbiamo ora ascoltato (Gv 2,1-11) rappresenta il primo segno prodigioso che si realizza nella narrazione del Vangelo di Giovanni. La preoccupazione di Maria, divenuta supplica a Gesù: “Non hanno più vino” – Gli dice –, e il riferimento a “l’ora” si comprenderanno dopo, nei racconti della Passione.
Ed è bene che sia così, perché questo ci permette di scorgere l’ansia di Gesù di insegnare, accompagnare, guarire e rallegrare a partire da quell’appello di sua madre: “Non hanno più vino”.
Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi. Facciamo spazio a Maria, “la madre”, come afferma l’Evangelista. E facciamo ora insieme a lei l’itinerario di Cana.
Maria è attenta, è attenta in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l’amore la fa “essere verso” gli altri. Nemmeno cerca le amiche per commentando quello che sta succedendo e criticare la cattiva preparazione delle nozze. E perché sta attenta, con la sua discrezione, si rende conto che manca il vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato, quando l’amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti! La mancanza di quel vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano. Maria non è una madre che “pretende”, nemmeno è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, dei nostri errori o delle disattenzioni. Maria, semplicemente, è madre! È presente, attenta e premurosa. E’ bello ascoltare questo: Maria è Madre. Provate a dirlo tutti insieme con me? Forza: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre!
Maria però, in quel momento in cui si accorge che manca il vino, si rivolge con fiducia a Gesù. Questo significa che Maria prega. Non va dal maggiordomo, ma presenta direttamente la difficoltà degli sposi a suo Figlio. La risposta che riceve sembra scoraggiante: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora».(v. 4). Ma intanto lei ha posto il problema nelle mani di Dio. La sua premura per le necessità degli altri anticipa “l’ora” di Dio. E Maria è parte di quell’ora, dal presepe fino alla croce. Lei, che seppe «trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286), e ci ricevette come figli quando una spada le trafiggeva il cuore. Ella ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; ci insegna a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di Dio.
E pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, quello che ci agita o che ci manca, e ci aiuta a metterci nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un “noi”, che esiste un prossimo vicino, evidente, che vive sotto lo stesso tetto, che condivide con noi la vita e ha delle necessità.
E, alla fine, Maria agisce. Le parole: “Fate quello che vi dirà” (v. 5), rivolte a quelli che servivano, sono un invito rivolto anche a noi, a metterci a disposizione di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Il servizio è il criterio del vero amore. Chi ama serve, si mette al servizio degli altri. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo per amore servitori gli uni degli altri. In seno alla famiglia, nessuno è escluso, tutti valgono lo stesso. Mi ricordo che una volta chiesero a mia mamma quale dei suoi cinque figli – perché noi siamo cinque fratelli – quale dei suoi cinque figli amava di più. E lei disse [mostra la mano]: “Come le dita, se mi pungono questo mi fa male lo stesso come se mi pungono questo”. Una madre ama i suoi figli come sono. E in una famiglia i fratelli si amano come sono. Nessuno è scartato.
Lì nella famiglia «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e lì si impara anche a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male, quando litighiamo. Perché in ogni famiglia ci sono litigi. Il problema è dopo, chiedere perdono. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si’, 213). La famiglia è l’ospedale più vicino: quando uno è malato lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai suoi cittadini. In effetti, questi servizi che la società presta ai suoi cittadini non sono una forma di elemosina, ma un autentico “debito sociale” nei confronti dell’istituzione familiare, che è la base e che tanto apporta al bene comune.
La famiglia forma anche una piccola Chiesa, la chiamiamo “Chiesa domestica”, che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente più vicino l’amore di Dio.
E nella famiglia – di questo siamo tutti testimoni – i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; e molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che “dovrebbe essere”. C’è un particolare che ci deve far pensare: il vino nuovo, quel vino così buono come dice il maestro di tavola alle nozze di Cana, nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato; nasce dal peggio: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiamo tutti, nulla si scarta, niente è inutile. Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro – come l’acqua delle giare –, che ci scandalizza o ci spaventa, Dio – facendolo passare attraverso la sua “ora” – lo possa trasformare in miracolo. La famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo.
Tutta questa storia ebbe inizio perché “non avevano più vino”, e tutto si è potuto compiere perché una donna – la Vergine – è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio. Però c’è un particolare, non è da meno il dato finale: hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per la famiglia deve ancora arrivare. Viene il tempo in cui gustiamo l’amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno. Il vino migliore è ‘in speranza’, sta per venire per ogni persona che accetta il rischio di amare. E nella famiglia bisogna correre il rischio dell’amore, bisogna arrischiarsi ad amare. E il migliore dei vini sta per venire, anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare. Sussurratevelo ciascuno nel suo cuore: il vino migliore sta per venire. E sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore: abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agire, aprite il cuore, perché il migliore dei vini sta per venire. Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore.
Come ci invita a fare Maria, facciamo “quello che Dio ci dice” (cfr Gv 2,5). Fate quello che Lui vi dice. E siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia della famiglia, la gioia di vivere in famiglia.
Così sia.