Sono arrivati alla soglia dei cinque milioni e rappresentano ormai oltre l’8% dei residenti nel nostro paese: uno su dodici. Sono concentrati soprattutto al nord e al centro, e la città resta per molti di loro l’ambiente di vita ideale. Il volto dell’immigrazione in Italia viene raccontato, per il ventesimo anno consecutivo, dal Dossier Immigrazione Caritas/Migrantes, presentato oggi a Roma e in altre 22 città italiane. Il rapporto sottolinea l’apporto demografico ed economico dato dagli stranieri al nostro paese e disegna il quadro della loro presenza sul territorio, sfatando alcuni luoghi comuni e contribuendo a riportare nell’alveo di numeri e cifre ciò che spesso si giudica solamente attraverso lo stereotipo o il sentito dire.
Tra fisco e previdenza dagli stranieri arrivano 11 milioni di euro: vengono versati infatti 7,5 miliardi di contributi previdenziali e 3,5 miliardi di gettito fiscale, mentre ogni anno le spese per i permessi di soggiorno e le richieste di cittadinanza fruttano, da sole, 100 milioni di euro. Il rapporto, anche economico, fra costi e benefici fa pendere la bilancia sugli aspetti positivi dell’integrazione sociale, che risultano evidenti soprattutto dal punto di vista demografico.
La stima del numero degli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese è arrivata a 4 milioni e 919 mila, un dato superiore di circa 700 mila unità rispetto a quello conteggiato dall’Istat (4 milioni 235 mila residenti stranieri all’inizio del 2010): una differenza spiegabile in parte con il conteggio di quanti, pur in regola con le norme sull’ingresso e il soggiorno, non sono ancora registrati in anagrafe. L’immigrazione in Italia resta essenzialmente europea: dal vecchio continente arriva uno straniero su due, e ai primi due posti fra le collettività più diffuse ci sono romeni e albanesi. Gli africani sono il 22%, con i marocchini a piazzarsi sul podio come terza comunità più numerosa. I residenti stranieri vivono soprattutto al nord (oltre il 60%) e al centro, mentre al sud e nelle isole dimora solamente il 13% di essi: Roma e Milano rimangono in testa fra i comuni capoluogo, ma l’incidenza più alta rispetto al totale della popolazione si registra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto: quasi un residente su dieci è straniero. I tassi più alti di integrazione sociale si ritrovano in termini assoluti in Emilia Romagna, mentre la minore distanza rispetto al resto della popolazione è registrato in Sicilia.
Dagli stranieri arriva un contributo essenziale all’abbassamento dell’età media e al contenimento dell’invecchiamento della popolazione: in Italia infatti un residente su cinque ha più di 65 anni, ma fra gli stranieri la quota crolla al 2,2%. Aumenta il contributo straniero anche alle nascite (le straniere hanno un tasso di fecondità nettamente superiori a quello delle italiane: 2.05 contro 1.32 figli per donna): oltre 77mila sono i nuovi nati da genitori stranieri. Oggi un residente straniero su otto è una seconda generazione. In crescita anche i matrimoni misti che, contrariamente al sentire comune, non sembrano soffrire molto più di tutte le altre unioni: la crescita di separazioni e divorzi anzi, nonostante le maggiori difficoltà oggettive di un rapporto fra culture differenti, è meno marcato fra le unioni miste rispetto ai matrimoni fra soli italiani.
A proposito di luoghi comuni sfatati, il Dossier conferma che non esiste alcun nessun nesso tra aumento degli stranieri e aumento delle denunce: tra il 2007 e il 2009 calano del 13,5% le denunce nei confronti degli immigrati (sia regolari che non): nello stesso periodo i soli stranieri residenti crescono del 25%. Confermato anche il dato che il tasso di criminalità dei regolari è sostanzialmente appaiato a quello degli italiani. Particolare il caso di Roma, dove in tre anni la popolazione straniera regolare è cresciuta del 62%, le denunce contro regolari e irregolari del 6,8%. Addirittura eclatante il caso romeno: +142% di presenze, -13% di denunce. E mentre la donna immigrata assume sempre più il ruolo di “motore della trasformazione”, i redattori del Dossier ricordano che è sempre necessaria una riflessione rigorosa su flussi migratori e capacità di accoglienza. L’unico modo per governare un fenomeno che entra ogni anno sempre più nel Dna umano e culturale dell’Italia. (ska - tratto da Redattore Sociale del 26ott10)
Tra fisco e previdenza dagli stranieri arrivano 11 milioni di euro: vengono versati infatti 7,5 miliardi di contributi previdenziali e 3,5 miliardi di gettito fiscale, mentre ogni anno le spese per i permessi di soggiorno e le richieste di cittadinanza fruttano, da sole, 100 milioni di euro. Il rapporto, anche economico, fra costi e benefici fa pendere la bilancia sugli aspetti positivi dell’integrazione sociale, che risultano evidenti soprattutto dal punto di vista demografico.
La stima del numero degli stranieri regolarmente soggiornanti nel nostro paese è arrivata a 4 milioni e 919 mila, un dato superiore di circa 700 mila unità rispetto a quello conteggiato dall’Istat (4 milioni 235 mila residenti stranieri all’inizio del 2010): una differenza spiegabile in parte con il conteggio di quanti, pur in regola con le norme sull’ingresso e il soggiorno, non sono ancora registrati in anagrafe. L’immigrazione in Italia resta essenzialmente europea: dal vecchio continente arriva uno straniero su due, e ai primi due posti fra le collettività più diffuse ci sono romeni e albanesi. Gli africani sono il 22%, con i marocchini a piazzarsi sul podio come terza comunità più numerosa. I residenti stranieri vivono soprattutto al nord (oltre il 60%) e al centro, mentre al sud e nelle isole dimora solamente il 13% di essi: Roma e Milano rimangono in testa fra i comuni capoluogo, ma l’incidenza più alta rispetto al totale della popolazione si registra in Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto: quasi un residente su dieci è straniero. I tassi più alti di integrazione sociale si ritrovano in termini assoluti in Emilia Romagna, mentre la minore distanza rispetto al resto della popolazione è registrato in Sicilia.
Dagli stranieri arriva un contributo essenziale all’abbassamento dell’età media e al contenimento dell’invecchiamento della popolazione: in Italia infatti un residente su cinque ha più di 65 anni, ma fra gli stranieri la quota crolla al 2,2%. Aumenta il contributo straniero anche alle nascite (le straniere hanno un tasso di fecondità nettamente superiori a quello delle italiane: 2.05 contro 1.32 figli per donna): oltre 77mila sono i nuovi nati da genitori stranieri. Oggi un residente straniero su otto è una seconda generazione. In crescita anche i matrimoni misti che, contrariamente al sentire comune, non sembrano soffrire molto più di tutte le altre unioni: la crescita di separazioni e divorzi anzi, nonostante le maggiori difficoltà oggettive di un rapporto fra culture differenti, è meno marcato fra le unioni miste rispetto ai matrimoni fra soli italiani.
A proposito di luoghi comuni sfatati, il Dossier conferma che non esiste alcun nessun nesso tra aumento degli stranieri e aumento delle denunce: tra il 2007 e il 2009 calano del 13,5% le denunce nei confronti degli immigrati (sia regolari che non): nello stesso periodo i soli stranieri residenti crescono del 25%. Confermato anche il dato che il tasso di criminalità dei regolari è sostanzialmente appaiato a quello degli italiani. Particolare il caso di Roma, dove in tre anni la popolazione straniera regolare è cresciuta del 62%, le denunce contro regolari e irregolari del 6,8%. Addirittura eclatante il caso romeno: +142% di presenze, -13% di denunce. E mentre la donna immigrata assume sempre più il ruolo di “motore della trasformazione”, i redattori del Dossier ricordano che è sempre necessaria una riflessione rigorosa su flussi migratori e capacità di accoglienza. L’unico modo per governare un fenomeno che entra ogni anno sempre più nel Dna umano e culturale dell’Italia. (ska - tratto da Redattore Sociale del 26ott10)