ROMA – Prostituzione, caporalato, pochi controlli sui migranti accolti. Al Cara di Mineo, in provincia di Catania, non basta ridurre le presenze: servono dei veri percorsi di accoglienza. È questa la risposta di Elvira Iovino del Centro Astalli di Catania, all’ipotesi di contenere i numeri del Centro di accoglienza per richiedenti asilo avanzata dal prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, in un’intervista al quotidiano Avvenire.
Tornata al centro delle polemiche con lo scandalo di Mafia capitale, la struttura di Mineo è di nuovo sui giornali per via del duplice omicidio di Palagonia, che vede come principale sospettato un ospite del centro. Vicenda che ha riacceso le polemiche sul Cara che secondo il Viminale potrebbe passare dalle 3 mila presenze a circa 2 mila. Ipotesi che però non soddisfa chi sul territorio si occupa di accoglienza da anni. “Duemila presenze? È assurdo. Mille? È sempre assurdo – spiega Iovino -. Noi siamo contrari ad ogni tipo di ghettizzazione perché il posto dove è situato il Cara di Mineo è semplicemente folle. È un posto che andava bene per gli americani, non per chi viene buttato lì come in una riserva indiana senza alcun tipo di scambio. Sono destinati a creare problemi”.
La vicenda di Palagonia, aggiunge Iovino, non ha lasciato indifferenti i migranti del Cara, ma al di là delle responsabilità che verranno accertate dalla magistratura, per Iovino i problemi creati da una cattiva accoglienza sono evidenti e vanno affrontati. “Oggi i ragazzi, quelli onesti che sono assolutamente la maggioranza, sono terrorizzati – continua Iovino -. Una paura tangibile, ma i disonesti ci sono e si è fatto di tutto, con questa modalità di accoglienza assurda, affinché questo succedesse. Magistratura e forze dell’ordine fanno un lavoro enorme, fanno di tutto, ma è una lotta contro i mulini a vento. Questa concentrazione numerica è fonte di tutto ciò che di negativo possa essere ipotizzabile”.
A circa 45 minuti in auto dal centro di Catania, dal Cara è difficile muoversi per qualsiasi ragione se non si dispone di soldi o di un mezzo proprio. In molti, tuttavia, si mettono in viaggio per raggiungere lo sportello legale e l’ambulatorio del Centro Astalli. “Vengono soprattutto per gli avvocati – spiega Iovino -, perché destinatari di un diniego e per fare un ricorso, sono la stragrande maggioranza. O magari perché fermati per spaccio o altre cose. Poi vengono anche perché vogliono il medico, perché al Cara i tempi sono lunghissimi e sanno che da noi c’è un ambulatorio. Ma arrivano qui anche per avere chiedere di poter ricevere soldi dai parenti o solo per telefonare”.
È in questi momenti che i migranti ospiti del Cara raccontano ai volontari i giorni passati nella struttura. “Al Cara succede ogni sorta di misfatto – denuncia Iovino -. Ci sono ragazze che si prostituiscono, dentro e fuori. C’è un caporalato diffuso, pazzesco e impressionante anche se ora sembra ci siano più controlli”. Tuttavia, non sembra siano sufficienti, stando alle testimonianze raccolte. “Quando i ragazzi scappano – spiega Iovino -, e ne scappano tantissimi, il badge che certifica la loro presenza non viene restituito, ma viene consegnato ai connazionali e risultano ancora presenti. In questo modo non solo viene data la diaria, ma soprattutto viene pagata una ‘presenza-assenza’. Tutto questo si sa. Lo sappiamo tutti da quando si è scoperchiata una pentola maleodorante il cui cattivo odore denunciammo dall’inizio”.
Per Iovino, però, non sono solo i numeri a determinare la cattiva accoglienza. C’è anche l’incapacità di impostare percorsi di integrazione validi. “Quando vengono dai nostri avvocati – racconta Iovino, i ragazzi ci raccontano che stanno lì per mesi senza fare niente. Spesso hanno bisogno di medicine per cui vengono visitati dai nostri medici volontari e scopriamo che dopo un anno di permanenza la Cara non sono neanche iscritti al servizio sanitario nazionale. Alcuni non parlano neanche una parola di italiano dopo un anno di permanenza. La situazione è questa. L’abbiamo sempre denunciata”. Con queste condizioni, però, la possibilità che possa crearsi terreno fertile per commettere illeciti è reale. “Abbiamo visto persone oneste e ben integrate che hanno cominciato a fare i tassisti abusivi – racconta Iovino - o a farsi dare il 20 o il 30 per cento per farsi mandare soldi dai parenti da dare ai connazionali. In questo modo è nato un indotto di malaffare e anche una mentalità criminale: parliamo anche di spaccio o di mariti che costringono le mogli a prostituirsi”.
Preoccupa anche l’arrivo degli hotspot. Secondo quanto affermato ieri dal capo del dipartimento immigrazione del Viminale, Mario Morcone, in Sicilia ne verranno aperti quattro su cinque. “Bisogna finirla con queste soluzioni di passaggio – aggiunge -. È una esperienza drammatica. Queste esperienze momentanee le riteniamo negative. La dobbiamo smettere con l’emergenza. La mentalità emergenziale è madre solo di cose negative e vede la nascita, come funghi, di comunità che non hanno esperienza di immigrazione”. La soluzione, quindi, è nei piccoli numeri, con migranti “seguiti, occupati, interessati a cose che vanno dai corsi professionali o semplicemente l’alfabetizzazione – spiega Iovino -. Così si generano circoli virtuosi”.(ga)
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