Si chiama Servizio Marketing Sociale e permette al volontariato delle province di AG, CL, PA e TP di realizzare materiale promozionale, campagne pubblicitarie e produzioni multimediali a sostegno della sua comunicazione sul territorio.
Le domande di ammissione vanno inviate dal 17 al 28 ottobre 2011.
Modalità di richiesta, requisiti per l'ammissione e moduli da compilare li trovate nei link qui sotto.
In sintesi
- viene messo a disposizione per ogni organizzazione di volontariato ammessa al servizio un voucher di 3.600 euro (sino ad esaurimento budget prestabilito) per la realizzazione di produzioni comunicative (in due dei quattro ambiti previsti dal Regolamento);
- sono ammesse solo le OdV a norma con la legge 266/91 e la legge reg. 22/94 e con sede nelle province della Sicilia occidentale (AG, CL, PA e TP);
- le domande vanno inviate al CeSVoP solamente dal 17 al 28 ottobre 2011 (tramite: posta raccomandata; fax; email marketingsociale@cesvop.org; a mano alla segreteria del CeSVoP);
- per l'esame e l'eventuale ammissione verrà considerato l'ordine cronologico di invio delle istanze;
- le OdV ammesse verranno indirizzate ai fornitori individuati dal CeSVoP, presso i quali sceglieranno le modalità di realizzazione di quanto indicato nella scheda progettuale;
- il Servizio va usufruito entro 4 mesi dalla comunicazione di ammissione;
- si ha la possibilità di utilizzare un solo voucher all'anno (salvo quanto disposto dal Regolamento);
- il Servizio è in fase sperimentale ed entrerà a regime nel 2012 con altre due finestre temporali per le richieste di ammissione.Ogni dettaglio nel Regolamento (qui sotto) che va letto prima di compilare e inoltrare la documentazione richiesta.
Regolamento del Servizio Marketing Sociale del CeSVoP
Modulo per la richiesta del Servizio
Scheda progettuale da allegare alla richiesta
venerdì 14 ottobre 2011
Marketing Sociale, il CeSVoP offre un nuovo servizio alle organizzazioni di volontariato della Sicilia occidentale
Verso la conclusione le Giornate di Bertinoro, occasione per discutere di economia sociale
In occasione delle XI Giornate di Bertinoro che si consludono il 15 ottobre, pubblichiamo l'intervista all'economista Stefano Zamagni da Corrado Fontana per la rivista Valori (settembre 2011).
Nuovi spazi che si aprono per l’economia civile e modelli di compartecipazione che cambiano, alterando equilibri decennali: alle Giornate di Bertinoro 2011 il Terzo Settore è sempre più protagonista della società. Ne abbiamo discusso con l’economista Stefano Zamagni. Quella del 2011 è l’undicesima edizione e l’obiettivo è sempre lo stesso: aiutare la comprensione, a livello generale e soprattutto nella classe dirigente, riguardo la necessità di passare da un ordine sociale bipolare, fondato sulla distinzione fra pubblico e privato, a un ordine tripolare in cui ad essi si affianca il civile». Le parole del professor Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per il Terzo Settore e della Commissione Scientifica di AICCON (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit), suggeriscono il significato complessivo delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile in programma il 14 e 15 ottobre prossimi. Ma non basta. Perché l’edizione di quest’anno, intitolata “Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: il ruolo dell’economia civile”, entra più che mai nel vivo di un processo di trasformazione di primissimo piano per lo sviluppo del Paese. «Siamo in una situazione di transizione - continua Zamagni - in cui ci si sta rendendo conto che, solo con pubblico e privato, non si arriva a soddisfare le esigenze di varia natura che un Paese avanzato pone. È il caso dei beni comuni: acqua, territorio, energia, aria, che non possono essere gestiti in maniera ottimale né con la forza privatistica né con la formula pubblicistica. Non con la prima perché non sono beni privati: ad essi non si può applicare la legge domanda-offerta, né i calcoli di convenienza economica ormai standard. Non con la seconda: i deficit di bilancio aumenterebbero fino ad arrivare all’insostenibilità finanziaria. Lo stesso vale per la scuola».
Come impatteranno sul Terzo Settore e sull’economia civile le nuove normative sul federalismo fiscale?
Il federalismo fiscale è l’ultimo anello di una catena lunga iniziata con i provvedimenti dell’allora ministro Bassanini. Non è una tegola caduta dal cielo: è il normale completamento di un processo. Il giudizio non può che essere positivo. Detto questo rimane il problema della sua implementazione: ovvero del modello specifico che sarà attuato. È evidente che questi decreti contengono novità di grande positività; altre pongono problemi di applicazione. Tra le novità del primo tipo c’è il cosiddetto fallimento politico. I presidenti di Regione e Provincia, prima della fine del mandato, devono approvare un inventario del lavoro fatto e dei debiti che lasciano alla gestione futura. Tutto ciò almeno 4 mesi prima della fine del mandato. Tale inventario deve essere pubblicato su tutti i media in modo di dare al cittadino la possibilità di sapere quello che l’amministrazione ha realizzato e i debiti che lascia a quella futura. Altra innovazione: l’introduzione dei costi standard: si pone fine alla sconcezza per cui ogni Regione poteva farsi rimborsare i debiti senza alcun ritegno, una totale de-responsabilizzazione da parte degli amministratori locali. Con i costi standard si dice: l’appendicectomia costa tot, se tu ente locale vai al di fuori dei costi standard, lo devi giustificare. E il ministero ti potrà contestare se le ragioni che addurrai non saranno accettabili.
Terza innovazione: l’omogeneizzazione dei sistemi di revisione contabile. Attualmente ogni regione ha un suo sistema di ragioneria, quindi i bilanci non sono confrontabili perché redatti con sistemi diversi. È evidente che con 20 regioni non ci possono essere 20 sistemi diversi. È una piccola rivoluzione copernicana e riconosco che ci voglia un tempo sufficiente per l’adeguamento. Perciò bisogna pensare a vere e proprie scuole di amministrazione per i dipendenti pubblici che insegnino esattamente ad applicare una logica diversa. A questo punto si inserisce il Terzo Settore. Esiste un problema: passare da un vecchio a un nuovo equilibrio. Servono soggetti che aiutino a traghettare: nella situazione italiana il traghettatore ottimale è il Terzo Settore, perché ha il know-how, l’esperienza e la motivazione per il bene comune.
Nessun altro soggetto ha questa motivazione. E il Terzo settore è pronto a sfruttare questo spazio che sembra aprirsi? Sì, nel mondo del Terzo settore italiano si racchiude un tesoro di esperienze che non ha pari a livello mondiale. A livello mediatico tutto ciò non emerge. Abbiamo una miniera di competenze ed esperienze che fa invidia al mondo intero. Fino ad ora non sono state utilizzate: anzi, sono state derise. A Brescia c’è una cooperativa sociale che ha trovato un accordo con l’Agenzia delle entrate per fare un monitoraggio sulla lotta all’evasione fiscale: stanno ottenendo dei risultati che in cinquant’anni non erano mai stati raggiunti.
Come impatteranno sul Terzo Settore e sull’economia civile le nuove normative sul federalismo fiscale?
Il federalismo fiscale è l’ultimo anello di una catena lunga iniziata con i provvedimenti dell’allora ministro Bassanini. Non è una tegola caduta dal cielo: è il normale completamento di un processo. Il giudizio non può che essere positivo. Detto questo rimane il problema della sua implementazione: ovvero del modello specifico che sarà attuato. È evidente che questi decreti contengono novità di grande positività; altre pongono problemi di applicazione. Tra le novità del primo tipo c’è il cosiddetto fallimento politico. I presidenti di Regione e Provincia, prima della fine del mandato, devono approvare un inventario del lavoro fatto e dei debiti che lasciano alla gestione futura. Tutto ciò almeno 4 mesi prima della fine del mandato. Tale inventario deve essere pubblicato su tutti i media in modo di dare al cittadino la possibilità di sapere quello che l’amministrazione ha realizzato e i debiti che lascia a quella futura. Altra innovazione: l’introduzione dei costi standard: si pone fine alla sconcezza per cui ogni Regione poteva farsi rimborsare i debiti senza alcun ritegno, una totale de-responsabilizzazione da parte degli amministratori locali. Con i costi standard si dice: l’appendicectomia costa tot, se tu ente locale vai al di fuori dei costi standard, lo devi giustificare. E il ministero ti potrà contestare se le ragioni che addurrai non saranno accettabili.
Terza innovazione: l’omogeneizzazione dei sistemi di revisione contabile. Attualmente ogni regione ha un suo sistema di ragioneria, quindi i bilanci non sono confrontabili perché redatti con sistemi diversi. È evidente che con 20 regioni non ci possono essere 20 sistemi diversi. È una piccola rivoluzione copernicana e riconosco che ci voglia un tempo sufficiente per l’adeguamento. Perciò bisogna pensare a vere e proprie scuole di amministrazione per i dipendenti pubblici che insegnino esattamente ad applicare una logica diversa. A questo punto si inserisce il Terzo Settore. Esiste un problema: passare da un vecchio a un nuovo equilibrio. Servono soggetti che aiutino a traghettare: nella situazione italiana il traghettatore ottimale è il Terzo Settore, perché ha il know-how, l’esperienza e la motivazione per il bene comune.
Nessun altro soggetto ha questa motivazione. E il Terzo settore è pronto a sfruttare questo spazio che sembra aprirsi? Sì, nel mondo del Terzo settore italiano si racchiude un tesoro di esperienze che non ha pari a livello mondiale. A livello mediatico tutto ciò non emerge. Abbiamo una miniera di competenze ed esperienze che fa invidia al mondo intero. Fino ad ora non sono state utilizzate: anzi, sono state derise. A Brescia c’è una cooperativa sociale che ha trovato un accordo con l’Agenzia delle entrate per fare un monitoraggio sulla lotta all’evasione fiscale: stanno ottenendo dei risultati che in cinquant’anni non erano mai stati raggiunti.
Il tema della cosiddetta sussidiarietà orizzontale è già stato sviluppato a sufficienza? In proposito si deve fare un passo in avanti mirando alla sussidiarietà circolare. Significa che i soggetti del Terzo settore, a seconda della loro competenza specifica, devono interagire con l’ente pubblico e con la comunità degli affari per la co-progettazione e la cogestione dei servizi. Finora con la sussidiarietà orizzontale ogni soggetto del Terzo settore gestiva la propria area di attività limitatamente a un particolare territorio. Il cittadino che non abita in quell’area rimane escluso. Con il triangolo pubblico-privato-civile ognuno ha una sua funzione: la sussidiarietà circolare significa metterli in circolo in modo che tutti e tre abbiano voce in capitolo.
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