Nuovi spazi che si aprono per l’economia civile e modelli di compartecipazione che cambiano, alterando equilibri decennali: alle Giornate di Bertinoro 2011 il Terzo Settore è sempre più protagonista della società. Ne abbiamo discusso con l’economista Stefano Zamagni. Quella del 2011 è l’undicesima edizione e l’obiettivo è sempre lo stesso: aiutare la comprensione, a livello generale e soprattutto nella classe dirigente, riguardo la necessità di passare da un ordine sociale bipolare, fondato sulla distinzione fra pubblico e privato, a un ordine tripolare in cui ad essi si affianca il civile». Le parole del professor Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per il Terzo Settore e della Commissione Scientifica di AICCON (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit), suggeriscono il significato complessivo delle Giornate di Bertinoro per l’economia civile in programma il 14 e 15 ottobre prossimi. Ma non basta. Perché l’edizione di quest’anno, intitolata “Federalismo fiscale e disuguaglianze territoriali: il ruolo dell’economia civile”, entra più che mai nel vivo di un processo di trasformazione di primissimo piano per lo sviluppo del Paese. «Siamo in una situazione di transizione - continua Zamagni - in cui ci si sta rendendo conto che, solo con pubblico e privato, non si arriva a soddisfare le esigenze di varia natura che un Paese avanzato pone. È il caso dei beni comuni: acqua, territorio, energia, aria, che non possono essere gestiti in maniera ottimale né con la forza privatistica né con la formula pubblicistica. Non con la prima perché non sono beni privati: ad essi non si può applicare la legge domanda-offerta, né i calcoli di convenienza economica ormai standard. Non con la seconda: i deficit di bilancio aumenterebbero fino ad arrivare all’insostenibilità finanziaria. Lo stesso vale per la scuola».
Come impatteranno sul Terzo Settore e sull’economia civile le nuove normative sul federalismo fiscale?
Il federalismo fiscale è l’ultimo anello di una catena lunga iniziata con i provvedimenti dell’allora ministro Bassanini. Non è una tegola caduta dal cielo: è il normale completamento di un processo. Il giudizio non può che essere positivo. Detto questo rimane il problema della sua implementazione: ovvero del modello specifico che sarà attuato. È evidente che questi decreti contengono novità di grande positività; altre pongono problemi di applicazione. Tra le novità del primo tipo c’è il cosiddetto fallimento politico. I presidenti di Regione e Provincia, prima della fine del mandato, devono approvare un inventario del lavoro fatto e dei debiti che lasciano alla gestione futura. Tutto ciò almeno 4 mesi prima della fine del mandato. Tale inventario deve essere pubblicato su tutti i media in modo di dare al cittadino la possibilità di sapere quello che l’amministrazione ha realizzato e i debiti che lascia a quella futura. Altra innovazione: l’introduzione dei costi standard: si pone fine alla sconcezza per cui ogni Regione poteva farsi rimborsare i debiti senza alcun ritegno, una totale de-responsabilizzazione da parte degli amministratori locali. Con i costi standard si dice: l’appendicectomia costa tot, se tu ente locale vai al di fuori dei costi standard, lo devi giustificare. E il ministero ti potrà contestare se le ragioni che addurrai non saranno accettabili.
Terza innovazione: l’omogeneizzazione dei sistemi di revisione contabile. Attualmente ogni regione ha un suo sistema di ragioneria, quindi i bilanci non sono confrontabili perché redatti con sistemi diversi. È evidente che con 20 regioni non ci possono essere 20 sistemi diversi. È una piccola rivoluzione copernicana e riconosco che ci voglia un tempo sufficiente per l’adeguamento. Perciò bisogna pensare a vere e proprie scuole di amministrazione per i dipendenti pubblici che insegnino esattamente ad applicare una logica diversa. A questo punto si inserisce il Terzo Settore. Esiste un problema: passare da un vecchio a un nuovo equilibrio. Servono soggetti che aiutino a traghettare: nella situazione italiana il traghettatore ottimale è il Terzo Settore, perché ha il know-how, l’esperienza e la motivazione per il bene comune.
Nessun altro soggetto ha questa motivazione. E il Terzo settore è pronto a sfruttare questo spazio che sembra aprirsi? Sì, nel mondo del Terzo settore italiano si racchiude un tesoro di esperienze che non ha pari a livello mondiale. A livello mediatico tutto ciò non emerge. Abbiamo una miniera di competenze ed esperienze che fa invidia al mondo intero. Fino ad ora non sono state utilizzate: anzi, sono state derise. A Brescia c’è una cooperativa sociale che ha trovato un accordo con l’Agenzia delle entrate per fare un monitoraggio sulla lotta all’evasione fiscale: stanno ottenendo dei risultati che in cinquant’anni non erano mai stati raggiunti.
Come impatteranno sul Terzo Settore e sull’economia civile le nuove normative sul federalismo fiscale?
Il federalismo fiscale è l’ultimo anello di una catena lunga iniziata con i provvedimenti dell’allora ministro Bassanini. Non è una tegola caduta dal cielo: è il normale completamento di un processo. Il giudizio non può che essere positivo. Detto questo rimane il problema della sua implementazione: ovvero del modello specifico che sarà attuato. È evidente che questi decreti contengono novità di grande positività; altre pongono problemi di applicazione. Tra le novità del primo tipo c’è il cosiddetto fallimento politico. I presidenti di Regione e Provincia, prima della fine del mandato, devono approvare un inventario del lavoro fatto e dei debiti che lasciano alla gestione futura. Tutto ciò almeno 4 mesi prima della fine del mandato. Tale inventario deve essere pubblicato su tutti i media in modo di dare al cittadino la possibilità di sapere quello che l’amministrazione ha realizzato e i debiti che lascia a quella futura. Altra innovazione: l’introduzione dei costi standard: si pone fine alla sconcezza per cui ogni Regione poteva farsi rimborsare i debiti senza alcun ritegno, una totale de-responsabilizzazione da parte degli amministratori locali. Con i costi standard si dice: l’appendicectomia costa tot, se tu ente locale vai al di fuori dei costi standard, lo devi giustificare. E il ministero ti potrà contestare se le ragioni che addurrai non saranno accettabili.
Terza innovazione: l’omogeneizzazione dei sistemi di revisione contabile. Attualmente ogni regione ha un suo sistema di ragioneria, quindi i bilanci non sono confrontabili perché redatti con sistemi diversi. È evidente che con 20 regioni non ci possono essere 20 sistemi diversi. È una piccola rivoluzione copernicana e riconosco che ci voglia un tempo sufficiente per l’adeguamento. Perciò bisogna pensare a vere e proprie scuole di amministrazione per i dipendenti pubblici che insegnino esattamente ad applicare una logica diversa. A questo punto si inserisce il Terzo Settore. Esiste un problema: passare da un vecchio a un nuovo equilibrio. Servono soggetti che aiutino a traghettare: nella situazione italiana il traghettatore ottimale è il Terzo Settore, perché ha il know-how, l’esperienza e la motivazione per il bene comune.
Nessun altro soggetto ha questa motivazione. E il Terzo settore è pronto a sfruttare questo spazio che sembra aprirsi? Sì, nel mondo del Terzo settore italiano si racchiude un tesoro di esperienze che non ha pari a livello mondiale. A livello mediatico tutto ciò non emerge. Abbiamo una miniera di competenze ed esperienze che fa invidia al mondo intero. Fino ad ora non sono state utilizzate: anzi, sono state derise. A Brescia c’è una cooperativa sociale che ha trovato un accordo con l’Agenzia delle entrate per fare un monitoraggio sulla lotta all’evasione fiscale: stanno ottenendo dei risultati che in cinquant’anni non erano mai stati raggiunti.
Il tema della cosiddetta sussidiarietà orizzontale è già stato sviluppato a sufficienza? In proposito si deve fare un passo in avanti mirando alla sussidiarietà circolare. Significa che i soggetti del Terzo settore, a seconda della loro competenza specifica, devono interagire con l’ente pubblico e con la comunità degli affari per la co-progettazione e la cogestione dei servizi. Finora con la sussidiarietà orizzontale ogni soggetto del Terzo settore gestiva la propria area di attività limitatamente a un particolare territorio. Il cittadino che non abita in quell’area rimane escluso. Con il triangolo pubblico-privato-civile ognuno ha una sua funzione: la sussidiarietà circolare significa metterli in circolo in modo che tutti e tre abbiano voce in capitolo.
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