Il Centro-Nord ha sofferto maggiormente gli effetti della crisi, rispetto al Sud Italia che continua a soffrire di un disagio sociale generalizzato. È quanto emerge dal Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis. «La graduatoria provinciale fondata sull’indicatore del disagio generato nella crisi (periodo 2008-2011), elaborato dal Censis, è per molti aspetti sorprendente, con al suo vertice le province di Pesaro e Urbino, Livorno, Rieti, Varese e Novara. Nelle prime venti province ve ne sono 11 del Centro, 5 del Sud e 4 del Nord”. Ma sul disagio in generale non ci sono dubbi: “al vertice si collocano le province di Caltanissetta, Catania, Napoli, Palermo e Siracusa. Tra le prime venti province della graduatoria, ben 17 sono del Sud. Caserta, Napoli, Ragusa, Prato e Oristano sono le province a più alta emergenza da disagio sociale. Tra le prime venti province della graduatoria si registrano 10 province del Sud, 7 del Centro e 3 del Nord».
La cartografia dei gruppi sociali più colpiti dalla crisi non è meno complessa, spiega il Censis. «Nel rapporto con il lavoro hanno subito i più alti impatti negativi i maschi (-46mila attivi, -438mila occupati), le persone con basso titolo di studio (oltre 927mila occupati in meno con al massimo il diploma di media inferiore) e i residenti nel Sud (-129mila attivi, -300mila occupati). Sotto il profilo del reddito disponibile, più a rischio sono ovviamente le famiglie marginali, tra le quali vanno sicuramente annoverate quelle che escono dal rischio povertà solo grazie ai trasferimenti pubblici, oggi così minacciati”. Il rapporto mette in evidenza inoltre che, secondo dati Eurostat, più del 5% degli italiani è a rischio povertà senza i trasferimenti pubblici. “È vero che l’Italia non è tra i Paesi europei dove è più alta la quota di cittadini che i trasferimenti pubblici tengono lontani dal rischio povertà (nel Regno Unito è quasi il 14% dei cittadini, in Francia l’11,5%, in Germania il 6,6%), esiste però il fondato rischio che i tagli ai trasferimenti pubblici esercitino un effetto domino sulle famiglie, tenuto conto di un’altra caratteristica tipicamente italiana: per tante famiglie contano i trasferimenti orizzontali, quelli intra-familiari» (fonte Redattore Sociale, 7dic12).
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