Nel quadro di un progressivo ridimensionamento della spesa per i servizi sociali, il settore del
non profit ha assunto nel corso degli anni il ruolo di portabandiera della solidarietà, elemento di
riequilibrio delle disparità e portavoce di interessi comuni a sfondo non economico. Con il
volume Il welfare che cambia: il non profit nell’erogazione dei servizi sociali l’Isfol presenta i
risultati di un’indagine sull’offerta di servizi da parte delle cooperative sociali, sia sotto il profilo
quantitativo che qualitativo.
Le Cooperative che somministrano servizi sociali sono più presenti nel Nord (60%), seguite dal
Sud e dalle Isole (24%) e dal Centro (16%). A livello settoriale emerge una chiara vocazione alla
diversificazione degli interventi che coprono, oltre al sociale, ulteriori tre macro-ambiti: welfare,
cultura e ricreazione ed istruzione. Si evidenzia inoltre la capacità sia di mettere a fattore
comune l’investimento sulla crescita del benessere collettivo sia di ottimizzare il rapporto con la
Pubblica Amministrazione ai fini dell’affidamento di pacchetti di servizi multi-sectoral.
La scelta di differenziare l’offerta si conferma anche a livello intra-servizi sociali, dove si rileva
una spiccata tendenza a coprire più tipologie di servizio e di utenza. L’area dei Servizi e
Interventi di Promozione Sociale è comunque quella in cui si addensano la quasi totalità dei
fornitori (97%), segnando una decisa preferenza per i cosiddetti servizi ad ampio spettro, cioè
per quella fascia di servizi sociali soft identificati, in gran parte, in azioni di sensibilizzazione,
prevenzione e supporto all’integrazione sociale. Diversamente, i servizi più specialistici, cioè
quelli a bassa soglia, come i servizi di emergenza sociale e quelli a carattere puramente passivo,
come i sussidi economici, rivestono un ruolo piuttosto marginale.
A livello logistico-strutturale, i fornitori non presentano un grado altrettanto elevato di
diversificazione, confermato dal possesso di un numero limitato di sedi. Esse, tuttavia, si
distinguono per la spiccata polifunzionalità, accogliendo al loro interno sia differenti funzioni
organizzative sia la prestazione di più servizi sociali.
Sul versante delle risorse umane l’identikit del lavoratore che opera nei servizi sociali risulta in
prevalenza così caratterizzato: dipendenti a tempo indeterminato; donne; con adeguata
qualificazione professionale; con retribuzioni medio basse. Emerge inoltre un elevato rischio di
sovra-professionalizzazione degli operatori, in possesso di conoscenze e competenze spesso
superiori al ruolo ricoperto.
Sul fronte della governance si rileva l’adozione di pratiche decisionali democratiche ed allargate
ad ampie fasce di lavoratori/trici, tanto da ridurre il fabbisogno di figure dirigenziali. La tendenza
è quella di privilegiare la responsabilizzazione dei gruppi di lavoro e dei singoli operatori
attraverso diffusi processi di co-decisione.
Altro importante punto di forza è la rete di collaborazione, ampia e diversificata sia in ambito
istituzionale che nel campo degli altri attori del non profit e che si ramifica fino a coinvolgere
istanze sociali non formalizzate. (fonte Isfol)
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