venerdì 6 marzo 2015

Il welfare che cambia: il non profit nell’erogazione dei servizi sociali

Nel quadro di un progressivo ridimensionamento della spesa per i servizi sociali, il settore del non profit ha assunto nel corso degli anni il ruolo di portabandiera della solidarietà, elemento di riequilibrio delle disparità e portavoce di interessi comuni a sfondo non economico. Con il volume Il welfare che cambia: il non profit nell’erogazione dei servizi sociali l’Isfol presenta i risultati di un’indagine sull’offerta di servizi da parte delle cooperative sociali, sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Le Cooperative che somministrano servizi sociali sono più presenti nel Nord (60%), seguite dal Sud e dalle Isole (24%) e dal Centro (16%). A livello settoriale emerge una chiara vocazione alla diversificazione degli interventi che coprono, oltre al sociale, ulteriori tre macro-ambiti: welfare, cultura e ricreazione ed istruzione. Si evidenzia inoltre la capacità sia di mettere a fattore comune l’investimento sulla crescita del benessere collettivo sia di ottimizzare il rapporto con la Pubblica Amministrazione ai fini dell’affidamento di pacchetti di servizi multi-sectoral. La scelta di differenziare l’offerta si conferma anche a livello intra-servizi sociali, dove si rileva una spiccata tendenza a coprire più tipologie di servizio e di utenza. L’area dei Servizi e Interventi di Promozione Sociale è comunque quella in cui si addensano la quasi totalità dei fornitori (97%), segnando una decisa preferenza per i cosiddetti servizi ad ampio spettro, cioè per quella fascia di servizi sociali soft identificati, in gran parte, in azioni di sensibilizzazione, prevenzione e supporto all’integrazione sociale. Diversamente, i servizi più specialistici, cioè quelli a bassa soglia, come i servizi di emergenza sociale e quelli a carattere puramente passivo, come i sussidi economici, rivestono un ruolo piuttosto marginale. A livello logistico-strutturale, i fornitori non presentano un grado altrettanto elevato di diversificazione, confermato dal possesso di un numero limitato di sedi. Esse, tuttavia, si distinguono per la spiccata polifunzionalità, accogliendo al loro interno sia differenti funzioni organizzative sia la prestazione di più servizi sociali. Sul versante delle risorse umane l’identikit del lavoratore che opera nei servizi sociali risulta in prevalenza così caratterizzato: dipendenti a tempo indeterminato; donne; con adeguata qualificazione professionale; con retribuzioni medio basse. Emerge inoltre un elevato rischio di sovra-professionalizzazione degli operatori, in possesso di conoscenze e competenze spesso superiori al ruolo ricoperto. Sul fronte della governance si rileva l’adozione di pratiche decisionali democratiche ed allargate ad ampie fasce di lavoratori/trici, tanto da ridurre il fabbisogno di figure dirigenziali. La tendenza è quella di privilegiare la responsabilizzazione dei gruppi di lavoro e dei singoli operatori attraverso diffusi processi di co-decisione. Altro importante punto di forza è la rete di collaborazione, ampia e diversificata sia in ambito istituzionale che nel campo degli altri attori del non profit e che si ramifica fino a coinvolgere istanze sociali non formalizzate. (fonte Isfol)
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