lunedì 15 ottobre 2012

Seminario SEAC-CeSVoP, le denunce dei volontari che operano nel carcere

Ancora da Redattore sociale questa sintesi delle denunce del volontariato:

Sicilia, i volontari denunciano: “Ai detenuti indigenti manca tutto”
Nell'Isola non è ancora avvenuto il passaggio della sanità penitenziaria alla regione. Un fatto che pesa sulle spalle dei detenuti che non hanno redditi e non possono provvedere a se stessi
PALERMO – I problemi legati all’assistenza sanitaria dei detenuti delle carceri siciliane crescono in maniera esponenziale e nessuno se ne fa carico. A denunciarlo è l’Asvope (Associazione volontariato penitenziario) di Palermo, attraverso le parole della presidente Vanna Bonomonte, nel corso del recente convegno nazionale del Seac (Coordinamento dei gruppi di volontariato penitenziario) di Palermo. Nel convegno, in particolare, si è sottolineata la situazione anomala che vive la Sicilia dove non è stato ancora applicato il decreto del 2008 che prevede il passaggio della sanità penitenziaria dal ministero alla regione. Un mancato passaggio che pesa come un macigno sulla pelle dei detenuti e soprattutto di chi, come lamenta l’Asvope, non ha alcun reddito per provvedere a se stesso. In particolare l’associazione di volontariato che da parecchi anni è impegnata a vario livello nell’assistenza ai detenuti parte proprio da alcuni casi sanitari specifici di detenuti indigenti a cui manca tutto.
C’è il caso del recluso D.B.: è un tossicodipendente che avrebbe bisogno di assistenza psicologica ma la richiesta al Sert richiede il riconoscimento dello stato di tossicodipendenza. L’interessato non avendo questo documento, può procuraselo solo con un esame tricologico o otorinolaringogliatrico a pagamento ma non ha i soldi. La vita in carcere nell’angustia delle celle comporta alterazioni della vista. “Nell’arco di un anno, tra l’Ucciardone e Pagliarelli, abbiamo fornito una cinquantina di occhiali – dice Vanna Bonomonte -. Il numero delle richieste va salendo e le spese solo per le lenti si aggirano da 30 a più di 100 euro”. C’è’ il caso ancora più grave di G.T. che a causa di un’infezione non curata ha perso un occhio. Poiché nessuno lo ha più seguito non si sa in che condizioni è l’altro occhio.
Z.N è, invece un immigrato a cui mancano tutti i denti davanti: è giovane e di questo si vergogna, quindi parla coprendosi la bocca. Ha chiesto una protesi ma, in questo caso, si tratta di un impianto fisso che costa molto; il detenuto lavora ma non ce la fa a sostenere la spesa. Ci sono altri due detenuti, F.C. e S.B. anche loro abbastanza giovani che sono completamente sdentati: non possono mangiare il pasto normale, nutrendosi poco e male. Un dentista volontario dell’Asvope ha cercato di curarli ma occorrono le protesi mobili che costano più di mille euro. I volontari dell’Asvope, recandosi all’Asp, hanno appurato che queste vengono fornite per un costo di 425 euro. “Ci siamo chiesti perché dobbiamo pagare tre volte tanto – prosegue Vanna Bonomonte -. Forse perché nessuno porta questi detenuti nell’Asp di via La loggia oppure perché nessuno dentista di questa Asp può venire in carcere?”. C’è chi soffre di allergie e aspetta cure che tardano ad arrivare come ciò che lamenta il detenuto M.P. che, soffrendo di rinite allergica, ha richiesto un medicinale specifico che ancora non gli hanno fatto avere. Spesso l’associazione aiuta e sostiene economicamente chi non può neanche riuscire ad avere un documento perché è a pagamento come il certificato che attesta l’invalidità. Al detenuto A. C., infatti, che deve presentare un certificato del medico curante per avviare la pratica di riconoscimento dell’invalidità, gli hanno chiesto 50 euro di cui non disponeva. La richiesta in questo caso si è spostata all’Asvope che a sua volta si è rivolta ai patronati che si occupano dei riconoscimenti delle invalidità. Tutto naturalmente con tempi notevolmente lunghi.
“Ai detenuti indigenti manca tutto. L’elenco degli altri bisogni sanitari è lungo. Dai casi accennati si evince che i problemi sanitari vanno sempre in coppia – afferma la presidente dell’Asvope -; per ogni caso elencato c’è un diritto alla salute violato e uno stato di indigenza che blocca ogni tentativo di superare col denaro le difficoltà. Chi è benestante si può curare, nonostante in carcere, può chiedere, infatti, l’intervento di specialisti di sua fiducia. Dovrà aspettare un po’ di tempo poiché la burocrazia dell’A.P. ha tempi biblici, ma è sostenuto dalla certezza che un magistrato non gli negherà il diritto di provvedere a sue spese alla salute. Il poveraccio, invece, può solo supplicare i volontari, i quali talvolta non ce la fanno a fare supplenza alla disattenzione delle istituzioni verso i diritti della persona. Spesso per questo siamo alla ricerca di fondi per aiutare chi soffre, cercando tutte le possibili strade alternative come il ricorso alle convenzioni con altri enti. In ogni caso il volontariato non può avere tutti gli strumenti per risolvere alla radice i gravi problemi sanitari che lamentano i detenuti”. (serena termini fonte Redattore Sociale)

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