venerdì 30 dicembre 2011

La scelta dei volontari. Uno degli interventi di Maria Eletta Martini

In ricordo di Maria Eletta Martini, scomparsa ieri all'età di 89 anni, riportiamo l'intervento pubblicato da Volontariato Oggi:

Per parlare dei cambiamenti in atto e delle prospettive dei rapporti del volontariato con le istituzioni occorre innanzitutto riflettere sul modo di essere del volontariato oggi. Non tanto per un ripiegamento su se stesso, quanto piuttosto per farsi carico di una realtà cambiata, e che sta cambiando e per rispondere – con realismo ed efficacia- alle situazioni di bisogno delle persone e della società nel suo complesso.
Esiste una confessione di termini che non giova a nessuno (nel linguaggio diffuso si chiama volontariato anche quello che non lo è), e che può creare rapporti impropri tra organismi diversi tra loro, compresi quelli tra pubblico e privato, e anche nella legislazione . Perché i volontari (singoli o organizzati , di buona vicinanza o quasi professionalizzanti) sono ormai una realtà diffusa, e la qualificazione a tutto campo dei volontari diventa un impegno etico prima ancora che operativo. Quindi perché dopo un lungo dibattito tra i volontari, facemmo la legge 266/91 e subito dopo quella sulle cooperative sociali, rimanendo fuori dei nostri progetti quelle delle Associazioni (conclusasi solo nel 2000 con la 383)? Il clima pubblico era tale (“tutto pubblico”) che una normativa fu ritenuta “necessaria”, perché le associazioni di volontariato fossero “legittimate ad esistere”, e vi fosse un rapporto chiaro, per quello che volessero agire, da privati, il rapporto con le istituzioni.. Il tema era “diventare un soggetto pubblico “ e insieme lanciare un messaggio di solidarietà reperibile da tutti i cittadini. Da allora sempre più la legislazione ha previsto forme di rapporto pubblico – privato- fino a superare la stessa normativa 266. Un grande successo del volontariato in genere è stato nel collaborare affinchè anche le istituzioni concepissero la necessità del rapporto pubblico privato, fin dalla programmazione; ma dopo aver trascinato in questa linea tutto il Terzo settore, oggi il volontariato rischia di essere travolto, con qualche novità con cui confrontarsi .
C’ è anzitutto la disciplina costituzionale in tema Regioni-Stato (3/2000) che deve conciliare la indubbia competenza legislativa delle Regioni sul tema dei servizi sociali e la determinazione, propria dello Stato, dei livelli essenziali concernenti i diritti civili e sociali di cittadini (art. 117.2 della Costituzione).
C’è un’ ipotesi che largamente circola da tempo e che il Governo ha annunciato: semplificazione delle leggi vigenti di settore ( volontariato, cooperative sociali, associazionismo) e redazione di un testo unico del no profit (Ministro Marroni alla Camera dei Deputati luglio 2001); C’è in discussione un testo del Governo sull’ “impresa sociale” con quale commistione profit-no profit.
La regolamentazione avviene per soggetti di loro natura “economica” , e come tali sono normati, sia pure qualificandoli “economia sociale” ; imprese, cooperazione, associazioni. Il rischio è che l’unica norma per soggetti diversi (“ testo unico per il Terzo settore”) induca a far prevalere nel volontariato la valenza economica “ che pure c’è” sulla definizione etico-sociale che del volontariato ha dato la Corte Costituzionale nel ’92.
Siamo stati richiamati ad essere l’anima del Terzo settore unificato nel non profit. E ad assumerci, sempre di più di “ rappresentanza e difesa dei soggetti deboli”, rivendicandone e sostenendone i diritti verso la società e le istituzioni. Ma per questi impegni, doverosi, il volontariato dovrebbe rinunciare a “ far servizi”? Ecco perché lavoriamo intorno alla Legge 266/91: certo legge datata e da aggiornare , ma che ha costituito un punto di equilibrio importante tra “la profezia” anticipata di valori solidali di volontariato, e la fattiva realizzazione dei servizi.
E purchè la normativa rimanga “per la associazioni “ di volontariato; si parla di frequente anche in sede politica, di “ filantropia”. Un termine un po’ vecchio (“è del 18° secolo”) , coniato prima dell’affermarsi della democrazia che fonda l’uguaglianza di tutti gli uomini. E’ un’altra storia del volontariato italiano, cattolico e laico; che ha come cardini solidarietà, partecipazione e sussidiarietà. Ha il valore di una testimonianza collegiale e un messaggio. Sentiamo il bisogno di riflettere su di noi per rendere sempre più idonei a un servizio che vogliamo continuare a fare efficiente e sempre migliore, nella società italiana e in collegamento con quanti sono impegnati con i poveri del 3° e 4° mondo. Ma vogliamo essere noi a scegliere il “come agire” insieme alla istituzioni. Perché una nuova legge , se deve esserci , ci aiuti e non mortifichi le nostre identità. (Maria Eletta Martini)

Tratto da Volontariato Oggi, n. 1 / 2 (gennaio – febbraio 2002)

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