La notizia è subito rimbalzata sui siti e le agenzie di stampa specializzate. Monsignor Nervo era uno dei grandi pionieri della solidarietà organizzata in Italia. Qui sotto il profilo tracciato dal quotidiano cattolico Avvenire.
Un gigante della carità se n’è andato ieri sera all’Opera della provvidenza di Sarmeola, in provincia di Padova, dopo una vita spesa interamente al servizio dei poveri. Monsignor Giovanni Nervo, nato il 13 dicembre 1918, Casalpusterlengo, nel Lodigiano, figlio di sfollati della Prima guerra mondiale, poi cresciuto nella diocesi di Sant’Antonio, è stato in gioventù assistente provinciale delle Acli e e poi cappellano degli operai nelle fabbriche. Soprattutto ha legato la sua esistenza alla Caritas italiana. Il 2 luglio 1971, su indicazione di papa Paolo VI che sciolse le Pontificie opere assistenziali, la Cei costituì la Caritas italiana come proprio organismo e incaricò Nervo di organizzarla in qualità di presidente. Con il cambio dello statuto, che assegnava la presidenza a un vescovo, restò a guidarla operativamente con il ruolo di vicepresidente fino al 1986. E don Giovanni, come lo chiamavano amici e collaboratori, ne curò con grande passione la nascita e l’organizzazione tanto a livello nazionale che diocesano girando tutta Italia.
L’opzione preferenziale per i poveri della Chiesa era la sua stella polare, come ha ricordato ieri il vescovo di Padova Antonio Mattiazzo: «Monsignor Nervo – ha sottolineato il presule – è stato una figura emblematica della Chiesa padovana e italiana, a cui ha dedicato la sua vita di prete e di uomo; si è impegnato strenuamente per l’affermazione di una pedagogia della carità, così come doveva essere la Caritas nel pensiero di Paolo VI e non ha mai mancato di denunciare giustizie e incoerenze. Ma il suo impegno è stato anche avvalorato da un alto senso di responsabilità civile, governata dai valori del cattolicesimo sociale, di cui è stato uno dei protagonisti. È stato uno strenuo difensore del Vangelo dei poveri».
Con la sua mitezza, la schiettezza e la coerenza seppe ispirare in diverse generazioni di giovani la passione per l’impegno civile e il volontariato. Per lui, che dal 1943 al 1945 si era impegnato nella Resistenza, la lotta per la giustizia era complementare all’educazione alla pace. Dopo il primo Convegno ecclesiale su «Evangelizzazione e promozione umana» di Roma, nel 1976, chiese alla Cei e ottenne che la Caritas italiana potesse accogliere i giovani obiettori di coscienza in servizio civile e le ragazze dell’Anno di volontariato sociale (Avs). Molti di loro, oltre che nelle trincee della povertà, in quei primi anni si impegnarono nella ricostruzione delle aree terremotate del Friuli prima, poi della Campania e della Basilicata nel 1980.
Fu sempre una sua idea quella dei gemellaggi tra comunità ecclesiali come strumento di ricostruzione dopo le grandi tragedie non solo concreta, ma anche morale, metodo fecondo ancora oggi adottato dalla Caritas italiana. Negli anni Ottanta diede forte impulso al mondo del volontariato e favorì la nascita della Consulta delle opere caritative e assistenziali (poi diventata Consulta ecclesiale degli organismi socio-assistenziali). Altro grande tema fu quello dell’accoglienza. Nervo cominciò nel 1980 con i boat people, i profughi vietnamiti. Poi fino alla fine dei suoi giorni si battè per l’integrazione dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie e contro le pulsioni xenofobe. Autore prolifico di libri e articoli, nel 1964 diede vita a Padova alla Fondazione Zancan per lo studio della povertà, presieduta fino al 1997, e con la quale ha lavorato fino alla fine (paolo lambruschi, fonte Avvenire 22mar21).
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